Lecco, popolazione delle api in declino: quattro "stazioni" per salvarle

Progetto pilota di monitoraggio fra Lecco e la Brianza per scoprire le cause degli avvelenamenti

Apicoltore

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Lecco -  «Le api sono sensori viventi sull’ambiente e i segnali che stanno trasmettendo ormai da tempo sono purtroppo preoccupanti". A mettere in guarda è Domenico Scarcella, direttore generale dell’Ats della Brianza. Per questo le api sono osservate speciali in provincia di Lecco e di Monza, da dove stanno battendo in ritirata a causa dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento, di pesticidi e fitofarmaci. Comprendere le cause della diminuzione delle api e della loro attività significa poter salvare loro, salvare l’uomo, salvare l’intero ecosistema. Per monitorarle è stato realizzato un progetto pilota sul territorio, coordinato da Giovanni Prestini, veterinario del Servizio di Sanità animale dell’Ats della Brianza diretto da Fabrizio Galbiati. Attualmente tra Lecchese e Monzese si contano 19.600 alveari, 1.720 apiari, che sono i luoghi dove vengono collocate le arnie, e 1.300 apicoltori con 130 attività professionali.

Mediamente in ogni alveare ci sono dalle 10mila alle 60mila api a seconda dello "stato di salute" dell’alveare: significa che potenzialmente tra le due province ci sono da 196 milioni a più di un miliardo di api, sebbene quantificarle sia estremamente difficile. "Il fenomeno da avvelenamenti da pesticidi rappresenta una delle principali cause della cosiddetta “sindrome da spopolamento degli alveari“ insieme a patologie e avversità e a fenomeni legati al cambiamento climatico – spiega Giovanni Prestini –. Il declino della popolazione delle api e degli altri impollinatori può avere un impatto enorme, non sono solo sul drastico calo della produzione di miele e altri prodotti con la conseguente crisi economica e occupazionale di un settore che a livello globale vale 265 miliardi di euro". Meno api significa infatti pure meno cibo: dalle mandorle che sparirebbero, alle mele, ai mirtilli, alle pesche, fino alle arance e alla soia. Ne risente pure la coltivazione del cotone. A rischio c’è poi al biodiversità, specie la flora spontanea. Scoprire quando la morte della api dipende da avvelenamenti piuttosto che da altro non è facile.

Per riuscirci sono state allestite quattro apposite stazioni costituite da tre alveari ciascuna: sono posizionati in Valsassina, nella zona di Valmadrera in modo da stabilire pure le conseguenze del forno inceneritore di rifiuti, nel Meratese e vicino a Monza. In ogni postazione vengono raccolti il polline raccolto dalle api e le api morte, analizzate dai tecnici di lavoratori dell’Istituto zooprofilattico di Brescia. I dati del monitoraggio dovrebbero essere pronti a breve.