Multinazionali e tasse: ok alla global tax. Pagheranno almeno il 15%. Quanto versano ora?

Accordo trovato per 136 Paesi su 140 dell'Ocse. Chi sono i Stati 4 contrari?

Amazon è fra i colossi che pagheranno più tasse

Amazon è fra i colossi che pagheranno più tasse

Le multinazionali dovranno pagare un'imposta minima del 15%. E lo dovranno fare nei dove conducono le attività e non dove hanno la sede legale.

"Accordo storico". Questo il commento del vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis e del commissario all'economia Paolo Gentiloni sull'annuncio dell'Ocse presso la quale i 136 Stati hanno sancito il via all'imposta minima globale del 15% per le multinazionali.

"Si torna al multilateralismo", dice Gentiloni. Per Dombrovskis si tratta di 'una vittoria per l'equità fiscale e la giustizia sociale, che ferma la corsa al ribasso delle imposte sulle societa". Le grandi  multinazionali pagheranno una quota più equa di tasse ovunque conducano la loro attività, aggiungendo molti miliardi di euro alle casse dei governi a livello globale man mano che i Paesi si riprenderanno dalla pandemia".

In molti Paesi le multinazionali, fra cui i colossi del web e dell'e-commerce, pagano infatti tasse "irrisorie" rispetto al volume d'affari. Questo grazie alla possibilità di fissare la sede legali in Paesi considerati "paradisi fiscali" in cui ci sono aliquote bassissime.

Ben 136 Paesi sui 140 del Quadro Inclusivo Ocse/G20 hanno raggiunto un'intesa sulla cosiddetta minimum tax, che impone una tassazione minima del 15% sulle grandi  multinazionali, a cominciare dai colossi del web.

Chi ha aderito

Un'intesa resa possibile, dopo anni di intensi negoziati, grazie all'adesione di Irlanda, Estonia e Ungheria, che per lungo tempo si erano opposte. È un accordo che piace soprattutto all'Europa, che si è impegnata molto sul tema.

Chi non ha aderito

L'accordo permetterà di garantire l'applicazione di un tasso di imposizione minimo del 15% alle aziende multinazionali a partire dal 2023. Gli unici quattro Paesi che non hanno aderito sono Kenya, Nigeria, Pakistan e Sri Lanka. I restanti 136 che hanno detto 'sì, tra cui l'Italia, "rappresentano »oltre il 90% del Pil mondiale", precisa l'Ocse, aggiungendo che l'intesa consentirà "di riattribuire a Paesi del mondo intero i benefici per oltre 125 miliardi di dollari realizzati da 100 aziende multinazionali tra le più grandi e più redditizie al mondo".

Le reazioni in Europa

"Accolgo con favore l'accordo odierno sulla riforma fiscale globale. Questo è un momento storico. È un importante passo avanti per rendere più equo il nostro sistema fiscale globale", ha commentato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. "La Commissione europea ha sostenuto con forza questo sforzo internazionale. Vorrei ringraziare il commissario Paolo Gentiloni e i suoi servizi per il loro instancabile lavoro al riguardo", ha aggiunto la presidente europea.

Il segretario generale dell'Ocse, Mathias Cormann, rende omaggio a quella che considera una «grande vittoria per un multilateralismo efficace ed equilibrato". "Si tratta di un accordo di grande portata - prosegue Cormann in un tweet - che garantisce che il nostro sistema fiscale internazionale si adatti ad un'economia globale digitale". "Adesso - conclude l'alto responsabile - dobbiamo lavorare con diligenza per garantire l'attuazione effettiva di questa riforma maggiore".

Quanto vale per gli Stati

Obiettivo? Fare in modo "che queste società possano onorare la propria giusta parte fiscale qualunque siano le giurisdizioni in cui esercitano le loro attività e realizzano benefici". Viene così finalizzata l'intesa politica raggiunta a luglio dai membri del Quadro inclusivo, con l'obiettivo di riformare in profondità le regole fiscali del pianeta. Con il via libera di Dublino, Tallinn e Budapest, l'intesa viene ormai sostenuta da tutti i Paesi membri dell'Ocse, dell'Unione europea e del G20. Basato su due pilastri, l'accordo viene annunciato a pochi giorni dal G20 dei ministri delle Finanze previsto a Washington il 13 ottobre e soprattutto dal vertice del G20 di Roma di fine mese. L'accordo sulla minimum tax, precisa l'Ocse, non ha come obiettivo di "porre fine alla concorrenza fiscale" ma "di porre dei limiti convenuti multilateralmente. Consentirà ai Paesi di raccogliere circa 150 miliardi annuali di introiti supplementari".

Quanto pagano di tasse i colossi in Italia

In Italia i colossi vantano cavi per 3,3 miliardi di euro ma nel 2019 hanno pagato in tasse soltanto 70 milioni di euro. A versare di più, si fa per dire, è stata Amazon con 10,9 milioni a fronte di un fatturato di un miliardo di euro. Le tasse si calcolano sugli utili e non sui ricavi ma queste società non rendono noto come sono suddivisi i profitti nei diversi Paesi. I fatturati danno però un'idea del volume di affari. Grazie a quelle che si definiscono tecniche di “ottimizzazione fiscale” i big di internet riescono a pagare le tasse in paesi dove l'imposizione fiscale è minima o nulla. Così si stima che siano riusciti a sottrarre al fisco tra il 2015 e il 2019 qualcosa come 46 miliardi di euro. Tornando all’Italia il secondo contribuente risulta essere Microsoft con 16 milioni di euroGoogle (5,7 milioni). Sono 2,3 milioni le tasse pagate da Facebook. Per E-bay si scende a 145 mila euro. Ha dell’incredibile il dato di Netflix: 6 mila euro, meno di un operaio.