Effetto Covid: persi 800mila posti di lavoro

La rilevazione dell'Istat per il secondo trimestre 2020. Il tasso di occupazione (tra i 20-64 anni) scende al 62%

Operai lavoro

Operai lavoro

Nel secondo trimestre 2020, l'emergenza Covid ha comportato in Italia un forte calo del numero di occupati: sono 788mila in meno (tra i 20-64 anni) rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente. Il tasso di occupazione (sempre 20-64 anni) scende al 62%, in diminuzione di 2 punti percentuali. Lo rileva l'Istat, presentando il Rapporto Bes per la misurazione del Benessere equo e sostenibile nel decennio. In dieci anni i divari con l'Europa per i tassi di occupazione si sono ulteriormente allargati e sono ancora più evidenti per le donne. Nel 2010, il tasso di occupazione delle donne di 20-64 anni in Italia era di 11,5 punti più basso rispetto alla media europea e nel 2020 il distacco arriva a circa 14 punti in meno. In termini di retribuzione, dopo anni di sostanziale stabilità, nel secondo trimestre 2020 sale al 12,1% l'incidenza dei lavoratori dipendenti con bassa paga, retribuzione oraria inferiore a 2/3 di quella mediana (9,6% nello stesso periodo del 2019). Nel Mezzogiorno la quota è maggiore (16,4%) ma il valore è pressoché stabile se confrontato con il secondo trimestre dell'anno precedente (-0,2 punti); al Centro è al 13,2% e al Nord al 9,6%, in entrambi i casi in aumento (+4,2 punti e +3,3 punti): si riducono così le distanze territoriali.

Il rapporto Istat

Sempre nel Rapporto Bes per la misurazione del Benessere equo e sostenibile nel decennio, emerge che il part time involontario aumenta costantemente fino al 2015 e rimane stabile negli anni successivi (11,7% nel secondo trimestre del 2020). Dopo sei anni di lento ma continuo calo, torna a crescere la quota di lavoratori che restano per lunghi periodi nello status di occupato a termine attraverso una successione di contratti a tempo determinato. Nel secondo trimestre dello scorso anno, la quota dei lavoratori a termine di lungo periodo passa infatti dal 17,6% al 18,7%.  A marzo 2020 l'emergenza sanitaria ha imposto in molti settori il lavoro da casa come strumento indispensabile per proseguire le attività produttive e contenere i rischi per la salute pubblica. Nel secondo trimestre 2020 la quota di occupati che hanno lavorato da casa almeno un giorno a settimana ha superato il 19% (dal 4,6% del secondo trimestre 2019), raggiungendo il 23,6% tra le donne. La percentuale di lavoratori che si percepiscono come fortemente vulnerabili registra una inversione di tendenza rispetto al trend di costante diminuzione degli ultimi anni: nel secondo trimestre 2020 è pari al 7,8% (+1,9 punti rispetto al secondo trimestre 2019, +400mila). Sono in tutto quasi 1 milione e 800mila gli occupati che temono fortemente di perdere il lavoro senza avere la possibilità di sostituirlo.

Sistema economico in difficoltà

"Lo scoppio della pandemia ha colpito il sistema economico italiano in forme e intensità allarmanti e imprevedibili. Il crollo dei livelli di attività economica ha avuto effetti negativi sul reddito, sul potere d'acquisto e soprattutto sulla spesa per consumo. L'aumento della povertà si è concentrato su alcuni segmenti di popolazione e su alcuni territori", rileva sempre l'Istat. La stima preliminare per il 2020 identifica oltre 5,6 milioni di cittadini in condizione di povertà assoluta in Italia, con un'incidenza media pari al 9,4%, dal 7,7% del 2019. La povertà cresce soprattutto al Nord, area particolarmente colpita dalla pandemia, dove la percentuale passa dal 6,8% al 9,4% degli individui; più contenuta, invece, la crescita al Centro (dal 5,6% al 6,7% degli individui) e nel Mezzogiorno (dal 10,1% all'11,1%). Colpisce, inoltre, prevalentemente le famiglie con bambini e ragazzi: l'incidenza di povertà tra i minori di 18 anni sale di oltre due punti percentuali (da 11,4% a 13,6%) per un totale di 1 milione e 346mila bambini e ragazzi poveri, 209mila in più rispetto all'anno precedente. Nel 2020, il 28,8% delle famiglie ha dichiarato un peggioramento della situazione economica familiare rispetto all'anno precedente.