ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Piano City, le note Geoff Westley a Milano

Il festival è in programma dal 25 al 27 giugno

Geoff Westley

Geoff Westley

Trovate questo articolo all'interno della newsletter "Buongiorno Milano". Ogni giorno alle ore 7, dal lunedì al venerdì, gli iscritti alla community del «Giorno» riceveranno una newsletter dedicata alla città di Milano. Per la prima volta i lettori potranno scegliere un prodotto completo, che offre un’informazione dettagliata, arricchita da tanti contenuti personalizzati: oltre alle notizie locali, una guida sempre aggiornata per vivere in maniera nuova la propria città, consigli di lettura e molto altro. www.ilgiorno.it/buongiornomilano

Se non arriva al cuore, la musica è tempo perso. Parola di Geoff Westley. Anzi di Mogol. “È stato Giulio (Rapetti - ndr) ad inculcarmi il concetto” spiega il compositore ed arrangiatore inglese parlando della sua partecipazione all’edizione 2021 di Piano City, in programma dal 25 al 27 giugno, varata ufficialmente ieri mattina in Triennale. “Prima ero un turnista, un professionista che metteva la propria tecnica a disposizione di questo e di quello, poi ho incrociato la strada di Mogol e Battisti e ho capito che, come in amore, senza anima non c’è musica… ma solo ginnastica”. Westley, che ha iniziato la carriera come direttore musicale di Bee Gees e ha lavorato con una stuolo di grandissimi che va da Peter Gabriel e Phil Collins a Renato Zero o Claudio Baglioni (che l’ha voluto al fianco pure a Sanremo), è fra i protagonisti di un cartellone di Piano City in bilico fra Roberto Cacciapaglia e Boosta, Paolo Jannacci e il franco-israeliano Yaron Herman, Raphael Gualazzi, Sam Beste (Amy Winehouse), Matilde De Angiolini (Premio Pozzi), la giovane Frida Bollani Magoni, talentuosissima figlia di Stefano Bollani e Petra Magoni.

Lei Westley cosa proporrà? “Suonerò un paio di brani dal mio ultimo album di piano solo "Does what it says on the tin", ma soprattutto cose di quello che ho in preparazione. Ho già pubblicato il video di una nuova composizione e un altro è in arrivo. Se "Does what it says on the tin" era composto da 4 suite, questo raccoglierà dei componimenti di durata normale. Vorrei intitolarlo "The mellow album" perché contiene musica rilassante, romantica, senza particolari pretese virtuosistiche. L’ho registrato l’anno scorso a casa mia in pieno lockdown”.

Nella venticinquina di appuntamenti in cartellone ci sono pure gli omaggi di Rita Marcotulli a Pino Daniele, di Arturo Stalteri a Franco Battiato, di Alessandro Comellato a Dante.   

“Musica d’autore e pianoforte non sono poi distanti. La musica di Cocciante poggia su una buona sensibilità pianistica, mentre quella di Battisti nasce alla chitarra, ma è così flessibile che si può reinventare molto bene pure al piano. Tant’è che in concerto, a volte, eseguo una mia personalissima rielaborazione di ‘Con il nastro rosa’”.

In che area si colloca come pianista?

“Ho sempre amato il pianoforte, ma solo negli ultimi quattro-cinque anni ho iniziato a proporre musica mia. In cuor mio penso di fare musica classica, ma i puristi della classica dicono che siccome non suono Rachmaninov e Chopin non posso considerarmi tale. Penso, invece, di aver creato qualcosa di mio e ne sono molto orgoglioso. Io questo sento vicina una rassegna come Piano City che spazia nel pianismo contemporaneo senza farsi problemi di genere”.

Nella musica come nella vita, mai avuto paura di volare.

“Per un decennio ho passato le mie estati traversando le alpi in mongolfiera. Quando sali a 6 mila metri appeso ad un pallone aerostatico sai da dove parti ma non dove arriverai, perché la direzione del tuo viaggio la decidono i venti. Un po’ come capita quando mi siedo davanti alla tastiera di un pianoforte e lascio libera la musica di portarmi dove vuole lei”.