La mostra: vita e passioni "dell’irriverente" Aymonino

Non solo architetto, ma un intellettuale a tutto tondo, ha lasciato tracce profonde in molte periferie delle città italiane

La Wunderkammer, la stanza dei sogni di Carlo Aymonino;

La Wunderkammer, la stanza dei sogni di Carlo Aymonino;

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Milano - È una mostra che non ti aspetti, sorprende sin dalle prime battute. Non si sbaglia a dire che viene "messa in scena", nello splendido e luminoso spazio della Curva, al primo piano, in Triennale, seguendo i criteri di uno spettacolo teatrale, sostiene la scenografa Federica Parolini. Quindi, raccontata, chè tanto la vita di Carlo Aymonino (1926-2010), uno dei protagonisti dell’architettura italiana, capace di attraversare con tratto originale le diverse fasi della seconda metà del Novecento, è un’avventura straordinaria dove la dimensione personale, intima, umana, intreccia quella professionale.

"Questa mostra è una vera scoperta del personaggio. Carlo ha lasciato tracce in tante città italiane, considerato romano a Venezia e veneziano a Roma ha realizzato la sua opera più importante, il Gallaratese, a Milano, con il suo amico milanese Aldo Rossi", sottolinea Manuel Orazi, il curatore della mostra nata da un’idea di Livia e Silvia Aymonino (“Carlo Aymonino. Fedeltà al tradimento“ è il titolo dal 14 maggio al 22 agosto dal martedì alla domenica 11-20) . Una carriera svolta nel Sud, ma anche al Centro. Carlo, scrivendo la sua biografia si presenta: "...architetto comunista...ha costruito il Gallaratese, il Campus di Pesaro, il Teatro di Avellino, il museo del Marco Aurelio, il Miglio d’oro. Disegna da dio".

Pittore, ma studente di architettura; romano ma collaboratore di riviste milanesi; progettista di periferie ma impegnato politicamente nelle battaglie sui centri storici. Uno e centomila. La mostra è densa di materiali d’archivio, progetti, dipinti, testi, fotografie, interviste, disegni. Oltre ai materiali in mostra "va in scena" il racconto più intimo e biografico di Aymonino; il cuore sono gli album rossi che per molti anni l’architetto ha disegnato e riempito di aneddoti insieme alla sua famiglia (figli e nipoti ieri erano presenti), producendo una sorta di opera collettiva dove si intravedono molti dei fatti dei protagonisti evocati nel percorso delle città.

E, infine, si entra nella sua “Wunderkammer“, una camera dei sogni dove regna un disordine apparente; i sogni di Aymonino prendono forma in disegni e appunti che trovano il loro senso gli uni accanto agli altri. "Se morissi vorrei che la gente(...) mi ricordasse intero, non mi imbalsamasse. Ma perchè dovreì essere un’eccezione? Diventerò anch’io il povero Carlo". Ma no, è un grande. A lui, questa mostra sarebbe piaciuta. Da vedere.