GABRIELE MORONI
Cultura e Spettacoli

Mino Milani, 90 anni e cento eroi

Dal mitico cowboy a Martin Cooper nella Pavia fantasma

Mino Milani

Pavia, 1 febbraio 2018 -  «Mi chiamo River, Tommy River». Molto prima di «Mi chiamo Bond, James Bond». Tommy River, anti-eroe assorto, a tratti malinconico, ma pronto ogni volta a rispondere al richiamo del coraggio, in un Far West opposto a quello di celluloide. Nato, vissuto, morto e risorto sul “Corriere dei Piccoli” (poi “Corriere dei Ragazzi”). Efrem, soldato di ventura. Martin Cooper, giornalista sospeso fra ritorni al passato e proiezioni nel futuro. Il romanzo “Fantasma d’amore”, celebre anche per la trasposizione cinematografica di Dino Risi, con Mastroianni e Romy Schneider. I racconti di Melchiorre Piazza, commissario che indaga nella Pavia asburgica. Le sceneggiature dei fumetti con i disegni di Hugo Pratt. “La realtà romanzesca”, fortunata rubrica sulla “Domenica del Corriere”. Garibaldi e i garibaldini. Chi ha pensato, ideato, scritto tutto questo e tanto ancora, si chiama Milani, Mino Milani. Sabato compirà novant’anni nella sua casa di Pavia, in piazza San Pietro in Ciel d’Oro, dove è entrato a cinque mesi di vita.

Cosa significa questo traguardo, non solo anagrafico?

«Una sorpresa. Non del tutto gradita. Anni fa pensavo se ci sarei arrivato oppure no. Penso di avere vissuto una vita decente. Ho conosciuto cose e persone, soprattutto ho lavorato. Sono approdato a novant’anni perché ho lavorato. Ho cercato solo il lavoro, non la notorietà, i posti che contano. Ho fatto una vita solitaria. Non credo di avere avuto dei nemici e io non sono nemico di nessuno, solo dei rompiballe».

Non si è mai allontanato da Pavia.

«Non ne ho mai sentito la voglia. Conosco un paio di città alternative, Bassano del Grappa e Bressanone, meravigliose entrambe, con una preferenza per Bressanone. Ma ormai i giochi sono fatti».

I suoi personaggi. Tommy River.

«Ancora adesso mi sento chiedere se sono il padre di Tommy River. Giovanni Mosca, direttore del ‘Corriere dei Piccoli’, mi aveva chiesto una ventina di racconti con protagonista un cowboy. Conclusi l’ultimo facendolo non morire ma allontanare. Mi chiamò Mosca: “Riprendilo subito. Qui è un plebiscito”. Quando nella direzione subentrò Guglielmo Zucconi, il vecchio Crespi, l’ultimo maschio della dinastia, gli disse: “Lei deve rinnovare completamente il ‘Corriere dei Piccoli’, ma non tagli una riga di Tommy River’ ».

Efrem.

«Un contadino che diventa soldato e grazie a questa nuova condizione impara a leggere e scrivere ed è possibile che diventi un condottiero. Dico “possibile” perché i finali grandiosi non mi piacciono».

Martin Cooper.

«Il giornalista che mi sarebbe piaciuto essere se fossi nato in California o da quelle parti lì».

Il commissario Piazza.

«Il pavese che vorrei. Un grande saggio. Quella di Piazza era la Pavia di una volta, povera, piccola ma bella, prima di essere manomessa da politici e speculatori».

Con “Fantasma d’amore” ha scritto una “ghost story”, un genere quasi assente da noi.

«Così dicono. Non potevo non ambientarlo a Pavia, città di fantasmi. Si svolge in parte nella zona di via Luigi Porta, dove una volta c’era una casa che si diceva fosse abitata da fantasmi. Mio padre, cattolico convinto, non ne ammetteva l’esistenza. Ci andò una volta con una amico, credente come lui. Raccontò di avere sentito la porta aprirsi, i passi e persino il respiro di qualcuno che gli passava davanti e saliva per le scale. Non aveva visto nessuno».

E il suo fantasma d’amore?

«Una donna. Non dico chi».

Cosa farà dopo i novant’anni?

«Quando sarò vecchio (sorriso) andrò ad abitare nella mia casetta di Castana e aspetterò la madama vestita di nero».

Come la riceverà?

«Tanti hanno una brutta immagine della morte. Per me è una bella signora che mi dirà “Andiamo” e io le risponderò “Signora, con lei dovunque”».