Milano l’ha consacrato nel maggio 2019, quando la Scala ha eseguito il suo brano per Clarinetto e Percussioni, poi la sua strada musicale è stata crescendo. Fabio Massimo Capogrosso racconta: "Non dimenticherò mail l’emozione provata ascoltando la mia musica al Tempio della musica mondiale". Il compositore ha realizzato le musiche di “Le Dèluge - Gli ultimi giorni di Maria Antonietta“ di Gianluca Jodice, in sala in questi giorni. "A Milano - racconta Capogrosso - ho incontrato i miei migliori amici musicisti con cui ho collaborato e collaboro: Carlo Boccadoro e i suoi Sentieri Selvaggi, Francesco Libetta, Orazio Sciortino. Non potrei fare a meno di nessuno di loro".
Capogrosso, cosa significa oggi, nell’era digitale, comporre musica da film?
"Sono legato a un modo di fare musica “analogico“, sono convinto che gli strumenti necessari alla stesura di una partitura siano matita e pentagramma. Le musiche composte per “Esterno Notte“ e “Rapito“ di Marco Bellocchio hanno una struttura sinfonica. Per “Le Déluge“ invece ricorro all’elettronica, con Jodice abbiamo cercato un suono metafisico, sospeso. È proprio questo aspetto creativo che mi affascina del comporre musica da film: l’opportunità di sperimentare in libertà, il confronto con aspetti exramusicali (regia, fotografia, interpretazioni) che diventano fonte di ispirazione".
A volte le colonne sonore riescono ad avere una vita autonoma, altre spariscono con il film.
"Credo dipenda innanzitutto da ciò che il film richiede: per “Rapito“ ed “Esterno Notte“ ho composto colonne sonore dalle quali si potrebbe ricreare una Suite Sinfonica. “Le Déluge“ invece è musica indissolubilmente legata al film".
Quanto dà il regista alla sua musica?
"Sono grato a Bellocchio e Jodice per avermi dato l’opportunità e guidato nella stesura delle partiture. Con Jodice abbiamo iniziato a lavorare un anno prima, sin dalle prime stesure della sceneggiatura. È uno scambio che si fonda su rispetto reciproco, questo mi ha spinto a lavorare su aspetti creativi che nella musica da concerto non avrei mai sperimentato. Poi c’è l’importante lavoro del montatore che spesso è in grado si valorizzare ulteriormente la partitura".
Il cinema può limitare la creatività di un musicista?
"Ho sempre lavorato con registi di grande spessore intellettuale. Non so cosa dire, a me è successo il contrario".
Come si è avvicinato alla composizione?
"Giocando a stravolgere gli esercizi di pianoforte, sperimentavo accordi e melodie e a dodici anni, ho scritto le prime composizioni. Le sentivo già orchestrate, sperimentavo coi sequencer e i sintetizzatori. Finché mi sono iscritto al Conservatorio Alfredo Casella dell’Aquila. Trovo impensabile che si possa approcciare alla stesura di una partitura senza gli strumenti tecnici necessari per poterlo fare. Oggi chiunque sia in grado di sbrodolare due arpeggi al pianoforte si sente un compositore. Invece la scrittura è un qualcosa di molto complesso, articolato che richiede grandi competenze e lunghi anni di studio. Non possiamo ignorarlo".
Con Spotify e altre piattaforme gratuite come si può cercare di far ricordare un brano?
"Le piattaforme gratuite aiutano la divulgazione musicale. Oggi uno studente di conservatorio può accedere alle più disparate esecuzioni di una ballata di Chopin. Questo se da una parte semplifica il lavoro di ricerca, d’altra parte la complica, in un mare di musica e informazioni è sempre più difficile saper selezionare".