Vini lombardi, la sferzata dell'esperto: "Meno marketing e più qualità"

Intervista al bergamasco Gigi Brozzoni, da oltre vent'anni curatore della Guida Veronelli

Gigi Brozzoni

Gigi Brozzoni

Milano, 11 febbraio 2019 - Punte d'eccellenza ma anche un livello medio non proprio esaltante, qualche interessante novità a fronte però di molte, pesanti incognite sul futuro dei cavalli di battaglia storici. Una fotografia in chiaroscuro, dove le ombre sembrano prevalere sulle luci, quella che immortala lo stato del movimento enologico lombardo. A scattarla è un 'fotografo' che lo conosce bene, quel Gigi Brozzoni per 25 anni direttore del Seminario Luigi Veronelli e da oltre venti curatore dell'omonima guida. Apprezzato degustatore di livello internazionale, da buon bergamasco ha sempre un occhio di riguardo per i vini della Lombardia.

Brozzoni, come si colloca la vitivinicoltura lombarda rispetto al panorama nazionale? "Direi che è stazionaria, non ci sono grandi novità di rilievo. I poli principali restano Franciacorta, Valtellina e Oltrepò Pavese, al di fuori dei quali ci sono poche sorprese di rilievo. La vera sfida, in Lombardia dove a parte poche punte d'eccellenza si producono bottiglie dal prezzo medio-basso per il mercato locale, è puntare sulla qualità per essere competitivi all'estero. I consumi di vino, infatti, in Italia sono in forte calo e per certe produzioni ci sarà sempre meno spazio. Le grandi cantine ormai vendono per il 70% all'estero e per il 30% in Italia, nella nostra regione è il contrario". 

Quale la strada per compiere questo salto di qualità? "Occorre produrre vini buoni, ovviamente, ma soprattutto riconoscibili per le loro caratteristiche peculiari: è inutile replicare i grandi vini internazionali, il consumatore sceglierà sempre l'originale. Bisogna offrirgli gusti, sapori e caratteristiche che non troverà altrove. Per sviluppare una propria via all'alta gamma, i viticoltori lombardi avrebbero però bisogno di forti investimenti e studi tecnico-scientifici, invece negli ultimi anni i grandi consorzi si sono concentrati soprattutto sul marketing e aspetti di denominazioni e regolamenti che lasciano un po' il tempo che trovano".

Si riferisce alla Franciacorta, con la quale non è stato tenero nella Guida Veronelli 2019? "La Franciacorta soffre più di altri quello che sarà il vero, grande problema del vino nei prossimi anni: il riscaldamento globale. Le uve maturano sempre più precocemente, prima di sviluppare tutti i loro profumi e diventando sempre più zuccherine, dunque più alcoliche. Essendo pianeggiante, la Franciacorta non ha la possibilità di alzare i vigneti per trovare temperature più fresche e la soluzione di inserire nei blend per gli spumanti l'Erbamatt, un vitigno autoctono e dunque meno sensibile ai cambiamento climatici, non convince nel medio-lungo periodo".

Proseguendo con le zone principali, qual è invece la situazione in Valtellina? "Qui l'altitudine aiuta, il problema è difendere dal ritorno del bosco i terreni faticosamente strappati negli anni con i terrazzamenti. In Valtellina e Valchiavenna si pratica un viticoltura eroica e l'età media dei produttori è piuttosto avanzata: le nove generazioni saranno in grado di portare avanti questa tradizione? C'è qualche segnale in questo senso, anche da fuori la provincia di Sondrio con molti bergamaschi ad esempio che hanno comprato terreni in Valle, ma servirebbero più incentivi da parte delle istituzioni".

E l'Oltrepò Pavese? "Numericamente è sempre stato il principale polo vinicolo lombardo e, recentemente, sembra abbia preso atto che accanto alla quantità c'è bisogno anche di qualità. Girano sempre meno bonarde frizzanti spendibili solo su un mercato molto locale e si producono sempre più spumanti metodo classico, a base di quel Pinot Nero che finalmente comincia a essere preso sul serio per quel grande vitigno che è, dando vita anche a vini rossi importanti". 

Qualche novità degna di nota dalle altre zone? "Nel Varesotto si produce un Nebbiolo che quest'anno ha ottenuto le tre stelle nella Guida Veronelli, ma è un caso isolato. Nella zona a sud del Garda, invece, si sta portando avanti un discorso molto interessante con il Lugana, un bianco in grado di invecchiare anche 2-3 anni. Interessante perché questo sì un vino dalle caratteristiche peculiari ben definite, in grado di differenziarsi sul mercato. In generale, però, non ci sono grandi novità di rilievo in Lombardia: servirebbero nuove idee e nuovi investimenti".

L'attuale regolamento per l'autorizzazione nuovi impianti, con l'aumento della superficie vitata al massimo dell'1% e su base regionale, non è un ostacolo a nuove idee e investimenti? "Vitigni dismessi o in affitto se ne trovano, non è questo l'ostacolo. Semmai bisogna stare attenti a cogliere le giuste occasioni, perché fra Unione europea e la stessa Regione ci sono bandi per finanziamenti e incentivi alla viticoltura, un giovane imprenditore agricolo con competenze e passione deve essere in grado di sfruttarli”.