Fontanili asciutti, Ticino in secca: la Svizzera non cede sulle acque

L’appello: «Alzare il livello del Verbano, nessun rischio di alluvioni»

Un tratto in secca del fiume che scorre in Lombardia  A destra il direttore del Parco del Ticino Claudio Peja

Un tratto in secca del fiume che scorre in Lombardia A destra il direttore del Parco del Ticino Claudio Peja

Magenta (Milano), 18 arile 2017 - Una siccità già spaventosa in aprile dopo un inverno avaro di pioggia e soprattutto di neve e una primavera sin qui mai così secca. Così per l’estate si rischiano gravi problemi per l’ambiente e per l’agricoltura, in un territorio - quello bagnato dal Ticino, ossia Abbiatense, Lomellina e Pavese - dove si concentra il 90% della produzione risicola nazionale. Stando all’oggi il Ticino si abbassa di due o anche tre centimetri al giorno e basta dare un’occhiata alla natura che circonda il corso d’acqua per capire che stiamo andando incontro a un fenomeno senza precedenti: i fontanili a Robecco sul Naviglio, ossia le risorgive spontanee di cui il Parco del Ticino è ricco, sono tutti in secca, un fenomeno mai vista prima a memoria d’uomo. E se la falda si abbassa sempre di più, la riserva idrica garantita - dati del Tavolo siccità regionale - è del 50% inferiore rispetto alla media degli anni scorsi, mentre la presenza di neve nell’arco dei bacini imbriferi dei laghi lombardi è del 70% in meno. Così lo scorso mese di marzo il Parco del Ticino ha scritto al Ministero dell’Ambiente chiedendo l’immediato ripristino del livello del lago Maggiore a un metro e cinquanta centimetri.

Una battaglia che si trascina da anni, tra le lungaggini di un tavolo bilaterale con la Svizzera - propensa a un livello del Verbano moderato così da avere spiagge da riservare ai propri turisti - e le frenate del ministero. «Ormai tutti hanno capito che è il livello minimo indispensabile – spiega Claudio Peja, direttore del Parco del Ticino – anche se non rappresenta certo la soluzione. Anche chi era scettico, ormai si è convinto di questo: da tempo sosteniamo questa tesi e, purtroppo, i fatti ci hanno dato ampiamente ragione». A complicare le cose il fatto che per evitare alluvioni e allagamenti è stata buttata via acqua preziosa anche in un periodo di siccità come questo inverno quando, in realtà, il livello di 1,50, non aumenta il rischio di allagamenti: «L’ultima alluvione risale al 2002 – continua Peja – Non è assolutamente presente questo rischio che possiamo definire pari a zero.

Lo scorso anno anche gli assessori regionali Claudia Maria Terzi e Viviana Beccalossi scrissero al ministero dell’Ambiente per ripristinare il metro e cinquanta, segno che tutti hanno riconosciuto questa necessità». Insomma, con le irrigazioni dal Ticino calmierate le prospettive per l’agricoltura nei prossimi mesi sono da allarme rosso. Ma una risposta ancora non arriva: a marzo l’ennesima missiva del Parco del Ticino è rimasta lettera morta, «priva persino di una risposta». Ma il Parco del Ticino non resterà a guardare: «Scriveremo nuovamente al ministero dell’Ambiente nei prossimi giorni. Del resto anche senza avere dati scientifici a disposizione basta guardare il Naviglio Grande per rendersi conto della gravità della situazione – conclude Peja – quando il canale era in asciutta si intravedeva sempre dell’acqua sul fondo del canale. Nell’ultima asciutta primaverile non si è visto nulla».