Superlatitanti, ecco chi sono i sei boss più ricercati al mondo

Dall'imprendibile Messina Denaro a Motisi, il killer di fiducia di Riina. La carriera criminale e perché sono considerati così pericolosi

I sei boss più ricercati

I sei boss più ricercati

Cos'hanno in comune Matteo Messina Denaro, Giovanni Motisi, Renato Cinquegranella, Raffaele Imperiale, Attilio Cubeddu e Graziano Mesina? Sono i sei super latitanti "di massima pericolosità" inseriti nella lista dei most wanted stilata dal Viminale. Si tratta di due mafiosi, due camorristi e due criminali 'comuni'. Due di loro - le due ''primule rosse'' di Cosa nostra - figurano anche nell'elenco dei più ricercati a livello europeo. Braccati da anni, forse godono di complicità insospettabili che gli consentono di nascondersi non lontano da casa, forse hanno cambiato i loro connotati, magari qualcuno è morto. Le piste sono tutte aperte, e carabinieri, polizia, guardia di finanza, antimafia, anticrimine, reparti speciali e pool internazionali non hanno mai smesso di seguirle per assicurare i supercriminali alla giustizia. 

 

Matteo Messina Denaro, l'imprendibile, è ancora a capo di Cosa nostra? 

Il più conosciuto di tutti resta Messina Denaro, "u siccu", "il magro", letteralmente sparito nel nulla nel '93, l'anno delle bombe a Milano, Firenze e Roma, dopo una vacanza a Forte dei Marmi con i fratelli Graviano: è ricercato in campo internazionale per "associazione di tipo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto ed altro". Figlio di Francesco, capo della cosca di Castelvetrano e del relativo mandamento, nell'ultima tranche dei suoi 57 anni ha visto farsi "terra bruciata" intorno a colpi di arresti e sequestri di beni ma continua a restare imprendibile. Protagonista di un numero imprecisato di esecuzioni e tra gli organizzatori del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo - rapito per costringere il padre Santino a ritrattare le rivelazioni sulla strage di Capaci e poi strangolato e sciolto nell'acido dopo 779 giorni di prigionia - Messina Denaro secondo molti inquirenti non sarebbe il capo di Cosa nostra ma sicuramente continua a rivestire un ruolo di assoluto rilievo: la rivista "Forbes" lo ha incluso tra i dieci latitanti più pericolosi del mondo. Difficile distinguere il vero e il falso in quello che di Messina Denaro raccontano informatori e pentiti: che, beffando chi lo bracca da anni, vivrebbe in Sicilia, spostandosi di continuo; che si sarebbe sottoposto in Bulgaria (o in Piemonte) a una plastica ai polpastrelli e al viso; che avrebbe seri problemi agli occhi e ai reni, tanto da aver bisogno della dialisi; che godrebbe della protezione dalla 'ndrangheta. Di volta in volta, c'e' chi lo ha collocato sulle tribune del "Barbera" per un Palermo-Sampdoria, chi su una spiaggia greca, in vacanza con la compagna Maria, chi in una casa di Baden, in Germania. Ma la caccia resta aperta. 

Giovanni Motisi, il killer di fiducia di Riina

A lui come a Giovanni Motisi, "u pacchiuni", "il grasso", 59 anni, palermitano doc, secondo nelle gerarchie solo a Messina Denaro, ricercato dal '98 per omicidio, dal 2001 per associazione di tipo mafioso e dal 2002 per strage. Ha l'ergastolo da scontare, il killer di fiducia di Totò Riina, secondo un collaboratore di giustizia presente anche quando si parlò per la prima volta di ammazzare il generale Dalla Chiesa. Nel '99, durante la perquisizione della sua villa di Palermo, spunta una fitta corrispondenza tra lui e la moglie Caterina, bigliettini recapitati da 'postini' fidati assieme a vestiti e regali. Ed è dello stesso anno l'ultima 'apparizione' certa in Sicilia di "u pacchiuni", alla festa di compleanno della figlia: nelle foto ritrovate diversi anni dopo risaltano le pareti coperte con lenzuola bianche per non far riconoscere il posto. Da allora, più niente o quasi tanto da alimentare il sospetto - ricorrente nelle grandi latitanze - che Motisi possa essere morto. Un'altra ipotesi è che abbia cercato, e trovato, riparo in Francia: l'esattore del racket Angelo Casano ha raccontato che nel 2002 Motisi 'perse' la reggenza di Pagliarelli a vantaggio di Nino Rotolo e che per un paio d'anni si nascose nell'Agrigentino, 'terra' di Giuseppe Falsone. Boss arrestato nel 2010 dalla Gendarmeria francese a Marsiglia. 

Renato Cinquegranella dietro i delitti che hanno scosso Napoli

Dalla mafia alla camorra. Del boss Renato Cinquegranella,  classe 1949, si sono praticamente perse le tracce dal 2002. Ricercato per associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione ed altro, originariamente legato alla "Nuova Famiglia", storici rivali della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, di lui resta negli archivi una vecchia foto sgranata in bianco e nero, calvizie incipiente, occhiali, baffi neri e sguardo fisso nell'obiettivo. Un volto come tanti, eppure il suo nome compare nelle cronache giudiziarie di due dei delitti che più hanno scosso Napoli: l'omicidio di Giacomo Frattini, alias "Bambulella", soldato della Nco, torturato, ucciso e fatto a pezzi nel gennaio dell'82, e il massacro del capo della Mobile Antonio Ammaturo e del suo autista, Pasquale Paola, 'firmato' nel luglio dello stesso anno dalle Brigate Rosse. L'episodio confermò l'esistenza di un 'patto scellerato' tra le Br e i capi-zona della camorra del centro di Napoli. Dal dicembre 2018 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, finora senza esito. 

Raffaele Imperiale, il broker della droga

Raffaele Imperiale, 46 anni, originario di Castellammare di Stabia, noto anche come "Rafael Empire", è ricercato per traffico internazionale di stupefacenti dal 2016 ed è ritenuto uno dei più grandi broker mondiali della droga. Amante del lusso, cinque anni fa all'interno di una sua vecchia casa, in una intercapedine, vennero recuperati due van Gogh rubati in Olanda. Vittima da ragazzo di un tentativo di rapimento al quale riesce misteriosamente a sfuggire, eredita dal fratello maggiore un coffee shop ad Amsterdam e da qui inizia la sua carriera criminale, tessendo pazientemente contatti e alleanze con i narcos sudamericani e con il clan Amato-Pagano - destinato a diventare famoso come clan degli Scissionisti - che gli consentono di diventare uno dei maggiori fornitori di cocaina delle piazze di spaccio partenopee. Condannato a 8 anni e 4 mesi di reclusione, 'maniaco' della riservatezza (di lui non esistono praticamente immagini 'pubbliche'), negli ultimi anni avrebbe ulteriormente consolidato la sua rete in Spagna e Brasile: secondo fonti investigative, ha trovato rifugio negli Emirati Arabi dove vivrebbe tra resort a cinque stelle e auto di grossa cilindrata. 

Attilio Cubeddu, il carceriere senza pietà 

Attilio Cubeddu, nome storico dell'Anonima sequestri sarda, nasce ad Arzana, in provincia di Nuoro, nel 1947 e dopo diversi reati commessi da giovanissimo si scopre una vocazione per i rapimenti: partecipa tra gli altri a quelli Rangoni Machiavelli, Bauer e Peruzzi, fino all'arresto del 1984 a Riccione. La condanna a 30 anni sembra l'inizio della fine, ma lui che è furbo e determinato si comporta da detenuto modello e riesce ad ottenere diversi permessi premio: da uno di questi, concessogli nel gennaio del 1997 a Badu 'e Carros per vedere moglie e figlie, "dimentica" di rientrare. E' da quei giorni che diventa praticamente un fantasma. Un fantasma che si materializza solo nei giorni del sequestro Soffiantini, di cui è implacabile carceriere ("il più cattivo di tutti", secondo l'imprenditore bresciano) e che polizia e carabinieri cercano inutilmente ovunque: in Corsica, in Spagna, in Germania, in Sud America e, naturalmente, in Sardegna, dove secondo alcuni avrebbe trascorso gran parte della sua latitanza, protetto da un network di fiancheggiatori. Negli anni si è fatta strada l'ipotesi che in realtà sia morto, ucciso da un complice per una storia di soldi: ma nel dubbio, anche per lui la caccia resta aperta.

Graziano Mesina, mediatore per il piccolo Farouk Kassam

Altro sardo doc - di Orgosolo - è Graziano Mesina, per gli amici 'Gratzianeddu', penultimo di undici figli e primatista di evasioni: ventidue, di cui 10 riuscite, alcune in modo romanzesco. Il suo 'esordio' criminale è precocissimo, denunciato a 14 anni per il possesso abusivo di un fucile, e il primo tentato omicidio arriva a 19 anni: ferisce a colpi di pistola, in un bar del suo paese - ma lui si dichiara estraneo - un pastore 'rivale' della sua famiglia guadagnandosi una condanna a 16 anni. Trasferito dal carcere di Nuoro a quello di Sassari per un altro processo, alla stazione di Macomer salta giù dal treno ma viene riacciuffato poco dopo. La fuga è solo rinviata: il 6 settembre scavalca una finestra e scende lungo un tubo dell'acqua dell'ospedale in cui era stato ricoverato e resta per tre mesi nascosto in montagna. E' solo il primo di una lunga serie di dentro e fuori: gira le carceri di mezza Italia e da tutte o quasi in momenti diversi fugge o tenta la fuga. Nel '92, durante il sequestro del piccolo Farouk Kassam, Gratzianeddu veste addirittura i panni del mediatore nel tentativo di trattare la liberazione. Nel 2004, ottenuta la grazia, lascia il carcere di Voghera e torna da uomo libero a Orgosolo dove si reiventa guida turistica ma meno di dieci anni dopo finisce di nuovo in manette, stavolta per droga. Il 2 luglio 2020 i carabinieri bussano alla sua porta per notificargli il verdetto con il quale la Cassazione ha respinto il suo ultimo ricorso ma non lo trovano: Mesina, a 79 anni, è di nuovo irreperibile.