FEDERICA PACELLA
Cronaca

Ritorno a scuola in Lombardia: "Rischio aule pollaio". Dubbi sulle nuove norme

Perplessità sollevate da sindacati e presidi, nonostante il calo demografico e nonostante si possa sopperire con sezioni in deroga. Gli indirizzi dati appianano solo sulla carta le profonde disomogeneità tra primarie e secondarie

Un'aula di scuola elementare statale (foto Ansa di repertorio)

Rischio di classi pollaio nonostante il Pnrr e nonostante il calo demografico. A un mese dall’inizio della scuola, si riaccende il dibattito sui numeri di alunni per classe, dopo la pubblicazione del decreto che regola la formazione delle classi per il prossimo anno scolastico. Il riferimento è il Dpr 81/2009 che prevede per l’infanzia classi da 18 a 26 bambini, per la primaria da 15 a 26, elevabile fino a 27, per la scuola media da 18 a 27 alunni elevabili fino a 28 e un minimo di 27 studenti per le superiori di II grado. Per favorire il diritto all’istruzione anche da parte di ragazzi e ragazze svantaggiati in classi con numeri prossimi o superiori ai limiti previsti dalla normativa, la legge di bilancio 2022 ha previsto l’istituzione di classi in deroga, per le quali sono stati previsti 6000 docenti in tutta Italia (erano 8000 lo scorso anno), di cui 452 per la Lombardia (628 nel 2022/2023).

Il rischio denunciato però da sindacati e presidi è che si formino classi pollaio, a cui non si potrà sopperire neanche con le classi in deroga, in barba all’obiettivo previsto dal Pnrr di ridurre il numero di alunni per classe. "Il problema è a monte – spiega Luisa Treccani , segretario generale Cisl scuola Brescia e organizzativo Lombardia – perché il riferimento è il Dpr 81 del 2009 che è molto datato e che già allora era molto approssimativo". In Lombardia, i dati del 2022-2023 dell’Ufficio scolastico regionale, evidenziano come, in tutte le province, la media sia sotto il limite previsto, ma, come sempre, parliamo di una media di Trilussa, che nasconde profonde disomogeneità, dalle primarie (a Brescia si va da quartieri con 15-16 bambini per classe a quartieri con 25 per classe) alle superiori.

«Soprattutto nei primi anni delle scuole superiori – ricorda Treccani – per non perdere iscrizioni, vengono fatte classi anche da 30 e oltre, partendo dal presupposto che poi, negli anni, i numeri si ridurranno per effetto delle bocciature o dei ritiri. Ma questa è esattamente la logica che si dovrebbe evitare, per non favorire la dispersione scolastica. Proprio in queste settimane si stanno facendo i corsi per i tutor, che dovranno fare l’orientamento: mi chiedo come potranno seguire tanti ragazzi". Il calo demografico, almeno per ora, non porterà ad una riduzione delle classi in automatico. Il rischio, anzi, è che aumentino i numeri, in quanto la tendenza è di accorpare quelle rimaste con meno alunni, con l’effetto di farne una con tanti studenti.

C’è poi un altro aspetto: dopo il Dpr 18 del 2009 ne sono arrivati altri che, meritoriamente, hanno previsto percorsi personalizzati per Bes (Bisogni educativi speciali) e Dsa (Disturbi specifici dell’apprendimento), che non prevedono l’insegnante di sostegno. "Abbiamo docenti che in classe hanno 30 studenti con 15, 16 tra Bes e Dsa e che devono quindi fare piani personalizzati, ovviamente tutto in orario non scolastico". La soluzione? "Non c’è nulla da inventare, basterebbe dare attuazione alla parte della Buona Scuola che che prevede la riduzione di alunni per classe", commenta Luisa Treccani. Classi sovraffollate non favoriscono, del resto, l’apprendimento ed anzi sono tra le cause della dispersione scolastica. "Bisognerebbe applicare quella parte della 107 che non è mai stata attuata".