ANDREA SPINELLI
Cronaca

Alle radici del grunge con Mark

Lanegan lunedì al Fabrique

Mark Lanegan ritorna a Milano per la seconda volta in un anno e mezzo Per lui il Fabrique e un pubblico scatenato

MILANO, 29 ottobre 2017 - VIVA LA DIFFERENZA. Uno show di Mark Lanegan ha poco da spartire con quelli dei tanti giovani rocker spettinati che inflazionano le hit-parade. Quando attacca la spina, il cantante di Ellensburg diventa una specie di selvaggio Johnny Cash che il popolo del Fabrique acclama domani sera per la seconda volta in un anno e mezzo.

CHI L’HA VISTO in estate a Gardone Riviera sa che, anche se l’impetuosa onda del grunge è diventata ormai poco più che uno schizzo da bagnasciuga, in gente come lui e come Eddie Vedder (a proposito, i Pear Jam potrebbero essere tra i grandi protagonisti della prossima edizione dell’i-Days Festival all’ex Area Expo) si può sempre contare. Merito dell’ultimo album “Gargoyle”, il decimo di una discografia solista varata dall’ex Screaming Trees nel ’90 con “The winding sheet”, ma anche del mood notturno, visionario e dark di un live-set che conta sulla spinta di comprimari come Josh Homme, Greg Dulli e Duke Garwood. “Gargoyle” approfondisce l’approccio del vocalist americano per quell’elettro-rock gotico che trasudava già dai solchi di “Blues funeral” del 2012 e da quelli del successore “Radio phantom” di tre anni fa, rinnovando una passione per la scena inglese degli anni Ottanta rimarcata pure la cover di “Love will tear us apart” dei Joy Division che in estate chiudeva i concerti. “L’unica cosa che ho sempre cercato di fare, è di creare musica e considerarla come unica ricompensa del lavoro fatto, e con questo intendo di godersi tutto, dal processo creativo, al momento della composizione - affermaLanegan.

CHE POI aggiunge:- “Ho sempre creato la mia musica da solo, cercando di godere di quelli che erano i risultati che venivano fuori, provando a divertirmi con tutti gli elementi e gli strumenti che fanno della musica una cosa divertente, qualcosa di reale. Cerco di fare con la musica tutto quello che può soddisfarmi e piacermi. Ho preso confidenza anche con l’elettronica, ma proprio perché è anche quella un tipo di suono che mi piace ascoltare”. Musica intesa come chiave di vita. “Se non avessi mai fatto un centesimo suonando, se nessuno mi avesse mai ascoltato, io avrei continuato lo stesso a comporre, e a farmi piacere tutto ciò, perché la musica è la mia unica vera ricompensa. Penso che se fai questo lavoro, è perché ti piace fare musica”.

L’attività in formazioni come Screaming Trees e Queens of the Stone Age, ma pure le collaborazioni con Mike Watt, Melissa Auf der Mar, Mad Seasons o gli Afterhours di Manuel Agnelli (in “Pelle”) contrassegnano una geografia, necessariamente incompleta, dei suoi orizzonti musicali. “Faccio musica dagli anni Ottanta, esattamente dal 1984, e sono sopravvissuto ai Novanta, ai Duemila. Ne ho viste e passate di ogni genere, quindi, essere ancora qui non può che rendermi totalmente felice”. Lunedì sera al Fabrique, via Fantoli 9 ore 21.