Gli 80 anni di José Altafini: "Tutti devono imparare da Ronaldo"

L'intervista: "Vivo con 700 euro, i giocatori strapagati"

Jose Altafini

Jose Altafini

Milano, 23 luglio 2018 - Diceva una volta Giorgio Gaber: «Io sono ricco perché ho ciò che mi basta per vivere dignitosamente. Il di più serve solo a diventare avidi e infelici». Filosofia che lo accomuna ad un ottantenne che di nome fa Josè Altafini, il quale con la sua pensione sociale di 700 euro al mese («Mi mancavano tre anni per mettermi in regola con la pensione dei calciatori...») andrebbe comunque inserito nella galleria degli uomini più ricchi al mondo. Quelli ricchi dentro. Domani l’ex centravanti di Brasile (campione del mondo 1958), Milan (una Coppa dei campioni), Napoli, Juve e Italia taglia appunto il traguardo degli 80 dopo una vita trascorsa in parte a piedi scalzi su strade polverose del Brasile e in parte da protagonista sui campi di calcio.

Buongiorno Josè... la trovo in gran forma. A 80 anni è tempo di bilanci...

«Aspettate a farmi gli auguri... porta male!!! Ho trovato il sistema per sentirmi più giovane: non sono ottanta, ma i secondi quaranta... Scherzi a parte, sono contento. Io vivo alla giornata, non penso al domani e neppure al passato. Non bevo e non fumo, non ho vizi. Ho cancellato dalla mia mente le cose brutte».

A 80 anni ci si dovrebbe godere pensione e nipotini. Lei cosa fa?

«Un grande del passato disse che l’uomo deve lavorare sino all’ultimo respiro. Anche la Montalcini lo pensava a 103 anni... Il cervello mantiene giovani, non fa per me guardare il panorama e giocare a carte. Così vivo ad Alessandria e da tre anni faccio su e giù con Villa d’Adda, nel bergamasco: sono rappresentante di un’azienda che vende campi in erba sintetica, lavoro con loro e sono felice».

Quindi niente pensione dorata...

«Io vivo del mio lavoro, non penso ai soldi, non ho mai pensato al denaro ma solo a divertirmi. La pensione ce l’hanno tutti, mi accontento di quella minima...».

Com’era il suo stipendio da calciatore?

«L’ultimo anno alla Juve 67 milioni di lire lorde, e oltre il 40% di tasse. Non si puo paragonare a quelli attuali. Oggi chi guadagna 20-30 milioni l’anno si compra 3-4 case per volta. Noi avevamo un’auto ciascuno, e ci bastava. E con il premio della Coppa campioni ci si poteva comprare la casa a fine carriera. Ma ringrazio Dio per aver vissuto in quell’epoca, non c’era violenza e non c’erano casini... E io ho sempre avuto un angelo custode a proteggermi»

Forse è rimasta uguale la pressione dei tifosi: succedeva ai campioni di ieri, accade a quelli di oggi di essere “soffocati“ dal troppo amore dei fan...

«I media e i social non ti fanno passare inosservato. Ma sarò sincero, anche a me fa piacere essere riconosciuto. Se qualcuno mi ferma faccio volentieri le foto. Certo, non avrei potuto reggere la vita di Pelè, che non poteva neppure uscire dall’albergo. Non è una bella cosa... Io voglio essere libero, camminare per le strade. Infatti se non avessi fatto il calciatore sarei diventato un meccanico».

Le piace il modo di festeggiare oggi dopo un gol?

«Alcune esultanze sono molto belle, altre non le condivido. Mi piace la corsa di Belotti che fa il Gallo, lui è un grande centravanti. Poi vedo che molti altri ringraziano Dio, ma Dio pensa a loro? Pregare per non farsi male è molto bello, ma vedo molto esibizionismo. Tutti alzano le braccia verso il cielo, io le alzavo verso il pubblico. Dio lasciamolo fuori».

Prima di esultare, prendeva anche lei le pillole “magiche“ per giocare?

«Vero, negli anni 60 qualcuno ci dava le pastigliette prima dell’antidoping, ma non era niente di grave. Credo che oggi nel calcio si stia migliorando anche da questo punto di vista: abbigliamento, alimentazione, medicine. Tutto fa bene alla prestazione del giocatore».

Quanto varrebbe oggi uno come Altafini sul mercato?

«Non lo so. Nel 1958 fui pagato 140 milioni di lire... uno dei calciatori più costosi... Di certo trovo assurdo che oggi si spendano per un calciatore 200 milioni di euro. E’ troppo».

La sua partita indimenticabile?

«Quasi obbligato a dire la finale di Wembley del 1963, quel MilanBenfica in cui feci due gol. Per la prima volta una squadra italiana vinceva la Coppa dei Campioni, e in premio avemmo un milione di lire. Oggi al Real dopo aver vinto la Champions hanno avuto un milione e cinquecentomila euro a testa...»

Erano altri tempi per il Milan...

«Mica tanto. Vincevamo, vero. Ma con Felice Riva al comando ci furono problemi seri: non pagava i fornitori, era la disperazione dei magazzinieri. Un giorno giocammo la partita con un pallone solo».

Il suo rimpianto più grande...

«Non aver vinto tre campionati del mondo io e Pelè insieme... ci riuscì nel 1958, nel 1962 il Brasile decise di non chiamare chi giocava all’estero e la mia carriera con la nazionale carioca finì a 24 anni. L’altro dispiacere quando vinsi il mondiale col nome di Mazola (per la somiglianza con Valentino Mazzola, il capitano del Grande Torino), ma venni in Italia e mi chiamarono Altafini. Purtroppo nessuno mi conosceva con questo nome».

Fra i ricordi meno belli quel “Altafini è un coniglio...“. Parola di giornalisti...

«Ma la colpa fu di Gipo Viani: veniva negli spogliatoi e accusava me. Andammo in Brasile per la coppa intercontinentale, Carosio disse: “Il Santos attacca, il Milan si difende e Altafini non si vede...“ E Gipo Viani alla fine mi diede del coniglio. Ma come potevo aver paura io.... oltre gol in carriera e mai giocato col parastinchi».

La seconda voce nel calcio l’ha inventata lei, con un lessico tutto particolare. A cominciare dal «golasso»...

«Vero, io e Luigi Colombo fummo i primi a Telemontecarlo. Lo presi come un divertimento, anche perché mi piaceva Beppe Viola, sdrammatizzavo il calcio come lui. Il calcio è un divertimento, allegria, festa. Qualcuno pensava che il ’gollasso’ fosse una parolaccia, poi inventai il mio manuale del calcio che fece colpo sui ragazzi... ».

Perché la televisione l’ha messa da parte?

«Perché l’Italia è l’unico paese al mondo in cui o sei raccomandato oppure sei fottuto».

Il calciatore più forte di tutti i tempi?

«Pelè... il piu completo, 1285 gol e tre mondiali».

L’italiano?

«Rivera e Roberto Baggio sullo stesso piano».

Quello attuale...

«Faccio fatica a trovarlo...»

Neymar un sopravvalutato?

«Dovrebbe guardarsi meno i capelli e pettinarsi e guardare di più Cristiano Ronaldo. Ogni calciatore dovrebbe avere il 30% del portoghese... Messi un fenomeno perdente? «Zico e Di Stefano erano campioni perdenti, non Messi. Lui è un fenomeno, in tanti non hanno vinto il Mondiale».

La Francia ha aperto un ciclo o è sul tetto del mondo per caso?

«La squadra di Deschamps continua ed equilibrata, ma per me la squadra del futuro è l’Inghilterra».

Mancini rilancerà l’Italia?

«Se trova i giocatori giusti sì...»

Chi la ferma più la Juve con Cristiano Ronaldo...

«Bisogna vedere... una rondine non fa primavera. Però lui è fortissimo. Ripeto,tutti dovrebbero prendere qualcosa da lui».

Basta Icardi all’Inter per tornare a sognare?

«Quella nerazzurra è una squadra fortisima, ma va messo qualcosa nella testa dei giocatori...»

Il bomber del Napoli sarà Ancelotti?

«Lui è bravissimo... Ma certi traguardi li ottieni solo se hai i giocatori...».

Dimenticato la storia del “core ingrato“?

«Feci il gol decisivo per lo scudetto con la maglia della Juve, i miei amici napoletani non me l’hanno mai perdonato.Ma feci solo il mio dovere...».