
Vincenzo Francese
Milano, 24 febbraio 2016 - Il collega imboscato, il malato immaginario, il prestigiatore dell’infortunio, l’assenteista di professione, il truffatore per sfregio, per calcolo, per necessità. A tradurli in euro diventano milioni bruciati nei conti aziendali. A metterli nel mucchio fanno statistica: uno su 200 nel privato, 15 su 100 nel pubblico. È la fotografia aerea del dipendente infedele, da Nord a Sud della Penisola. Il vigile che a Sanremo timbrava il cartellino in mutande fa certo folklore, ma lo sdegno è un accessorio riduttivo: occorre guardare oltre l’aspetto etico, perché il problema è in primis economico. La prova: nei grandi gruppi imprenditoriali le voci di bilancio dedicate all’anti frode contemplano ormai di prassi il caso del dipendente infedele. E quando si parla di sicurezza e tutele patrimoniali non si va certo per il sottile, al punto che sempre più spesso si indicono vere e proprie gare d’appalto per affidare il servizio. È anche grazie a questo cambiamento culturale che l’investigazione aziendale è diventata un business capace di conquistare, negli ultimi dieci anni, fette di mercato a passo da corazziere: segno che qualcosa è cambiato nei costumi italiani, a traino di una consuetudine già radicata nel Nord Europa e negli Usa. Si è passati dai 90 milioni del 2003 ai 350 del 2015, secondo l’Osservatorio Nazionale Investigazioni. La Lombardia la fa da padrone, seguita da Emilia e Toscana. Nella regione «motore produttivo d’Italia» si concentra un terzo del mercato complessivo (110 milioni nel 2015), e del resto qui ha sede il maggior numero di agenzie investigative: 512 (con un +9,8% rispetto al 2007) sulle 3.000 presenti nella Penisola.
Affidarsi all’investigazione privata ha un costo ma è evidente – a riprova del boom – che tale costo risulta inferiore al peso economico di un cosiddetto «infedele». Tradotto in cifre: «Un’indagine base può arrivare a 3 o 4mila euro. La durata? Fra le due settimane e un mese», spiega Vincenzo Francese, amministratore delegato dell’agenzia di investigazioni Axerta (con sedi a Milano, Padova e Roma), che nell’ultimo anno ha curato circa un migliaio di casi in altrettante realtà imprenditoriali. «Simulazioni di malattie e infortuni, usi distorti della 104, doppio lavoro, furti»: questi sono i campi in cui viene richiesta la gran parte degli interventi «difensivi e preventivi». Parliamo di aziende medio-grandi: la probabilità di incappare nel dipendente infedele è proporzionale alla capacità, da parte dei lavoratori, di generare spese (trasferte, uso di cellulari, pc, tablet). Gli strumenti di indagine vanno dal classico pedinamento al ricorso agli ultimi ritrovati tecnologici: localizzatori, microcamere, droni. Il limite del rispetto della privacy può essere parzialmente superato: in alcune investigazioni è infatti contemplata la possibilità di mettere mano ai dati privati (per esempio scandagliando pc o smartphone) solo quando questi siano rilevanti per l’indagine. In quanti casi le investigazioni vanno a buon fine? Ovvero, in quanti casi le denunce del datore di lavoro sono fondate? «Nove su dieci», risponde Francese. Infedele avvisato...
(1-continua)