Gnl, il gas della speranza: che cos'è e perché può renderci indipendenti dalla Russia

Facilmente trasportabile in grandi quantità, viene prodotto in molti Paesi tra cui gli Stati Uniti. Ma c'è lo scoglio dei rigassificatori

Il rigassificatore di Porto Venere

Il rigassificatore di Porto Venere

Gnl. Una sigla che si sente molto ripetere in questi giorni. Sta per Gas naturale liquefatto e rappresenterebbe la grande speranza, per l’Italia e l’Europa, di affrancarsi dalla dipendenza dal gas russo.

Gas liquefatto

Ma cos’è il Gnl? In cosa si differenzia dal gas naturale? Il Gnl è un idrocarburo composto principalmente da metano, per almeno il 90%, e in misura minore da altri elementi come etano, propano e butano. A livello molecolare è dunque un gas naturale a tutti gli effetti, la differenza entra in gioco col processo cui viene sottoposto quest’ultimo: la liquefazione, appunto. Attraverso una serie di trattamenti di depurazione e disidratazione, e successive fasi di raffreddamento e condensazione, a una temperatura di -162 C° il gas viene liquefatto, permettendone una riduzione del volume fino a 600 volte.

Produzione e trasporto

Il Gnl, un fluido incolore e inodore con una densità pari a circa la metà di quella dell’acqua, è quindi facilmente trasportabile in grandi quantità, grazie alle navi metaniere. Questo il suo principale vantaggio ‘tecnico’ rispetto al gas naturale. C’è poi il vantaggio ‘politico’, ovviamente di primo piano in questa fase: il Gnl è prodotto in diversi Paesi, Qatar Stati Uniti in primis, a differenza del gas naturale che è appannaggio di poche nazioni.

Rigassificatori

Problema risolto? Non è così semplice, perché c’è sempre un rovescio della medaglia. Il Gnl, infatti, per essere distribuito attraverso le condotte deve essere rigassificato, un processo che richiede tempo, soldi e soprattutto strutture. Non a caso il Gnl viene comunemente utilizzato in ambito industriale, dalle aziende con un significativo fabbisogno energetico, non per la comune rete nazionale del gas. In Italia gli impianti rigassificatori sono appena tre (Porto Venere, Rovigo e Livorno), in grado di lavorare circa 13,3 miliardi di metri cubi di gas all’anno, meno delle metà dei 29 importati dalla Russia. Anche aumentando la capacità, nella migliore delle ipotesi i tre impianti non potrebbero andare oltre i 6 miliardi di metri cubi in più. Si parla di realizzare due nuovi rigassificatori, a Porto Empedocle e Gioia Tauro, ma è un orizzonte temporale piuttosto lungo, almeno tre anni.

Navi gasiere

Una strada più rapida è quella di acquistate o noleggiare le navi gasiere, i cosiddetti rigassificatori galleggianti che tuttavia sono pochi e, per ovvie ragioni, molto richiesti. La Finlandia ad esempio, cui Putin ha tagliato il gas dopo la decisione di entrare nella Nato, se ne è appena assicurato uno. Nei piani del ministro della Transazione Ecologica, Roberto Cigolani, l’Italia dovrebbe prenderne due. Intanto Snam ha acquistato una nave metaniera, la Golar Artic, che sarà riconvertita a unità di stoccaggio e rigassificazione. Secondo i piani, sarà posizionata in Sardegna e diventerà operativa nella seconda metà del 2024.