Processo ai quattro assassini di Giulio Regeni. Si torna alla prima casella

La Corte d'Assise di Roma giudica gli 007 egiziani autori di torture e omicidio: atti restituiti al gup per l'assenza degli imputati. Il legale: "Qui per la verità"

I genitori di Giulio Regeni entrano nell'aula bunker di Rebibbia

I genitori di Giulio Regeni entrano nell'aula bunker di Rebibbia

Roma - Ce la farà la giustizia italiana a rimediare alla vergogna di un nostro connazionale torturato e ucciso dai servizi segreti egiziani? Si e’ aperto questa mattina, nell’aula bunker di Rebibbia, davanti alla Terza Corte d’Assise il processo nei confronti dei quattro 007 egiziani accusati del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio Regeni. I quattro agenti della National Security, individuati grazie alle indagini della Procura di Roma, sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di quest’ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. 

In serata la prima decisione dei giudici togati e popolari, che hanno sancito che gli atti del processo agli agli 007 egiziani accusati di avere sequestrato e ucciso Giulio  Regeni devono tornare al Gup. La decisione è legata all'assenza in aula degli imputati, nodo affrontato nella prima udienza

"Dopo 5 anni di faticosa battaglia vogliamo un processo regolare. Non a tutti i costi un processo, ma un processo che sia regolare". Lo dice nell'aula bunker l'avvocato Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, nel corso della prima udienza per l'omicidio di Giulio, ucciso a Il Cairo, in Egitto, nel 2016. Il legale ha parlato in particolare in riferimento al 'nodo' della assenza dei quattro 007 imputati. "Siamo qui per proteggere la verità", afferma la Ballerini. "Abbiamo subito depistaggi continui e che iniziano subito - sottolinea l'avvocato - il corpo di Giulio nudo per far pensare a un delitto di natura sessuale. Il secondo depistaggio e' l'incidente stradale. Poi indicare Giulio come sospetto, dire che era una spia. Le sue amicizie, frequentazioni e idee politiche per far ricadere la colpa sulla vittima".

"Ultimo depistaggio e' un film andato in onda sui social egiziani di chiara matrice governativa e i genitori di Giulio hanno depositato una querela alla procura di Roma per questo - dice il legale -. Altro depistaggio clamoroso: la falsa testimonianza andata in onda in una trasmissione egiziana. Si e' parlato anche del piu' sanguinario dei depistaggi, quello che ha visto uccidere 5 persone sicuramente innocenti per le torture e la morte di Giulio". Ballerini ha ricordato che a Giulio furono "fratturati 5 denti e 11 ossa. Incise lettere sul corpo. La madre lo riconoscera' dalla punta del naso". Tutto cio' e' avvenuto "in un luogo di tortura della National Security. Giulio muore non per le torture ma per torsione del collo, perche' doveva morire". 

In aula erano presenti i genitori di Giulio Paola Deffendi e Claudio Regeni, la sorella Irene, accompagnati dal loro legale l’avvocato Alessandra Ballerini, parte civile nel procedimento. Anche la presidenza del Consiglio dei ministri ha deciso di costituirsi parte civile nel processo e l’avvocato dello Stato ha depositato l’istanza. I quattro 007 egiziani sono accusati di avere sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore Giulio Regeni nel febbraio del 2016. Presenti anche gli avvocati dello Stato in rappresentanza della Presidenza del Consiglio, che ha deciso di costituirsi come parte civile.

Le accuse sono, a seconda delle posizioni, di concorso in sequestro di persona pluriaggravato, concorso in lesioni personali aggravate e concorso in omicidio aggravato.  Un’ udienza che sarà «tecnica», totalmente assorbita da questioni procedurali. Il primo nodo è quello legato all’assenza in aula dei quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell’omicidio. I giudici dovranno valutare se la mancata partecipazione è stata volontaria. La Procura di Roma ribadirà che la pubblicità, mediatica e non solo, data all’inchiesta e al procedimento penale è tale da renderlo «fatto notorio». 

Una posizione condivisa a suo tempo dal giudice dell’udienza preliminare che nel mandare a giudizio i quattro ha giudicato «volontaria» la decisione di non essere presenti in aula. Se anche la corte d’Assise farà sua questa impostazione il processo potrà proseguire con gli imputati giudicati in contumacia, altrimenti i giudici potrebbero sospendere il procedimento. Nei confronti dei quattro il pm Sergio Colaiocco contesta i reati, a seconda delle posizioni, di sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. 

Nel procedimento, al momento, si sono costituti parte civile i genitori del ricercatore trovato privo di vita nel febbraio del 2016. Nella lista testi depositata Paola e Claudio Regeni chiedono di ascoltare come testimoni i presidenti del Consiglio che in Italia si sono succeduti negli ultimi cinque anni: Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e il premier in carica Mario Draghi. La parte civile cita anche i ministri degli Esteri e i sottosegretari che, negli anni, hanno avuto la delega ai servizi segreti. 

In totale sono otto i testimoni sentiti dalla Procura che in questi mesi hanno fornito elementi determinati a ricostruire quanto avvenuto tra il gennaio e il febbraio del 2016 al Cairo. Otto persone che accusano in modo chiaro e credibile i quattro. Da tre testi, in particolare, sono arrivate conferme sul fatto che i servizi segreti cairoti avevano pianificato i depistaggi già nelle ore successive alla morte di Giulio, di cui erano a conoscenza il 2 febbraio, 24 ore prima del ritrovamento «ufficiale» del corpo, stabilendo di inscenare una rapina finita nel sangue. 

L’indagine dei pm di Roma è andata avanti di fatto senza alcuna collaborazione da parte delle autorità egiziane. Oggi il presidente egiziano Al Sisi, parlando al vertice dei Paesi del gruppo di Visegrad a Budapest ,in tema di diritti civili ha affermato: «avete a che fare con uno Stato che rispetta se stesso e rispetta pienamente la sua gente In Egitto c’è un potere che non si sottomette a nessun diktat». Un appello per cercare la verità, alla vigilia del processo, è stato fatto dal presidente della Camera Roberto Fico

«Se ci voltiamo indietro negli anni - ha detto -  e pensiamo alla fatica enorme che ci è voluta per arrivare fin qui, per ricostruire una trama nonostante depistaggi e resistenze di ogni tipo da parte dell’Egitto, comprendiamo quanto importante e carica di significato sia questo processo. Un abbraccio a Paola Deffendi e Claudio Regeni, per la loro tenacia e la loro umanità. Restiamo tutti uniti, istituzioni e comunità, per la ricerca di questa verità».