La sfida di Franca Caffa, 92 anni: la più anziana candidata alle amministrative di Milano

Una vita dedicata agli ultimi nelle case popolari, malati psichici, bambini senza doposcuola, famiglie disagiate: ora vuole portare la sua esperienza in Comune

Franca Caffa, 92 anni, candidata al consiglio comunale di Milano

Franca Caffa, 92 anni, candidata al consiglio comunale di Milano

Milano - Ha 92 anni, la più anziana candidata al consiglio comunale di Milano. Ma soprattutto da 42 anni è impegnata sulla questione della Città, per il diritto alla casa, contro le condizioni ingiuste di abitazione e di vita degli abitanti di tanti quartieri di case popolari. Franca Caffa a Milano è a dir poco conosciuta, perché nelle tremila case dei quartieri Aler Calvairate e Molise, del quartiere Ponti, ora gestito da Mm Casa, è stata capofila di una riscossa per affermare che la dignità di Milano viene meno se non è riconosciuta la dignità degli abitanti dell’Altra Milano, delle cosiddette periferie, con il cambiamento delle politiche cittadine. 

Franca Caffa ha costituito il Comitato Inquilini Molise-Calvairate-Ponti con un piccolo gruppo di inquiline e inquilini nel 1979, e poi, nel 1989, già iniziata la fase della pensione, ha deciso un impegno quotidiano, per lunghe giornate di servizio, dalla mattina alla sera tardi. L’inizio, nel 1979, è stato quando l’Istituto Autonomo delle Case Popolari di Milano – Iacpm – con una decisione da lei definita “insensata“ aveva abolito il servizio di custodia, affidando il servizio di pulizia a cooperative appaltanti. Per quali interessi?, si chiede. Il servizio di custodia costituisce la presenza delle Istituzioni nei caseggiati di edilizia popolare. La sua abolizione ha significato caos, lo stato di abbandono.

Con la partecipazione di volontarie e volontari, il Comitato Inquilini Molise- Calvairate-Ponti via via ha impostato un’azione di assistenza di carattere generale sulle questioni dell’abitare, del degrado edilizio, della mala gestione delle case popolari. Con grande sostegno alle persone sole, ai sofferenti psichici, ai bambini e ai ragazzi a cui la scuola non dà risposte adeguate in riconoscimento del diritto allo studio, ai nuclei familiari disagiati sotto vari aspetti: la disoccupazione, il lavoro precario, retribuito a poche lire, a pochi euro l’ora, la sofferenza esistenziale che si vive in tanti quartieri di case popolari. Ciò che ha distinto il Comitato: non solo assistenza, ma sempre impegno politico indipendente per cambiare la Città.

Nel 2019 Franca Caffa ha concluso la sua specifica esperienza di impegno quotidiano nei quartieri Calvairate, Molise, Ponti, e ha promosso la costituzione del “Gruppo di lavoro per le periferie – Milano”. Combattiva e lineare nella scelta pubblica della parte in cui si riconosce, ha raccolto l’invito del candidato sindaco Mariani a candidarsi nella lista “Milano in Comune - Civica Ambientalista“. “Per la testimonianza”, le ha detto Gabriele Mariani. “Penso che mi abbia rivolto questo invito considerando che nella Città io sono fra le donne e gli uomini superstiti di molte stagioni, in cammino da oltre novant’anni“, dichiara Franca Caffa.

Cosa ricorda di quegli anni?

“Posso cominciare testimoniando di una condizione nei tempi bui del fascismo, della strage mondiale che li ha preparati. Mio padre verso la fine dell’Ottocento era sceso prima a Savona e poi a Genova da Erli, un piccolo paese dell’entroterra di Albenga. Sul Foglio Matricolare del Regio Esercito Italiano intestato al suo nome, leva 1881, Fanteria, alla voce “professione o mestiere” si legge: “fonditore”. Il primo lavoro che la Città gli aveva offerto“.

E poi?

“Sul suo Libretto personale che riporta la data del richiamo alle armi per mobilitazione, 24 ottobre 1915, 4a Compagnia Automobilisti, e la data dell’arrivo “in territorio dichiarato in stato di guerra”, 1° dicembre 1915, alla voce “Professione o condizione” si legge: “vigile urbano”. Aveva aspirato a un lavoro di servizio per la Città, aveva studiato per essere idoneo, era stato assunto“. Lei ha vissuto a Genova..."

Cosa le hanno insegnato quei tempi?

“A Genova, il nostro caseggiato, alto su una scalinata di 130 scalini, fra mare e monti, era abitato nella quasi totalità da famiglie di operai, di camalli del porto. Nella nostra casa piccola, dotata di un unico rubinetto per l’acqua, sopra il lavandino di marmo, e di una stufetta di ghisa, in cucina, io, bambina, ragazzina, verso l’adolescenza, senza averne coscienza camminavo attraverso le guerre di classe, quando solo ingiustizia c’era, e nessuna rivolta, come scrive Bertold Brecht".

Oggi, che tempi sono i nostri?

“Viviamo in tempi di incessante frastuono. E’ programmato con gigantesche risorse di uomini e di mezzi, per confondere le coscienze, per nascondere la verità della Città sotto una spessa, soffocante coltre di menzogne. Ci assedia, entra in casa nostra, dentro di noi. Ho guardato le mie mani nude, ho pensato alla storia del Piccolo Principe, ho avuto la tentazione di disegnare una scatola con il suo coperchio, di dire: “La mia testimonianza è lì dentro”.

Cosa pensa, Franca, della città, oggi?

“Ho pensato ai baobab che oggi sgretolano la Città con il falso Modello Milano del Centro Sinistra senza sinistra, della partecipazione a parole contro la partecipazione nella realtà, dell’insaziabile ricchezza di pochi che genera povertà ed emarginazione, e ho preso di nuovo coraggio: posso almeno provare, tiro fuori dalla scatola alcune parole, alcune domande, per me grandemente significative. Il cardinale Martini ha proposto a tutti, credenti e non credenti nel suo Credo, credenti in altre fedi religiose, credenti della fede laica nell’uomo, la sua Idea di Città. Ha detto: ‘Il problema più grave della società è l’ingiustizia’”.

A Sinistra, quale cambiamento vorrebbe?

“Penso che dobbiamo aprire domande sui nostri errori, sui nostri limiti, sulle nostre miserie. Su questioni che sono tabù. Ad esempio, su Volontariato e Terzo Settore. Ad esempio, ci chiederemo che cosa è diventata l’Università? Quale libertà di ricerca nell’Università, quali condizioni di servaggio, per quali interessi? Ci chiederemo che cosa è diventato il diritto allo studio, ora che il proletario espulso dalla scuola dopo la terza media, o prima, indossa la felpa con su scritto “University of New York”? Le risposte che troveremo ci daranno indicazioni per uscire dalla ripetizione di vecchi schemi, per pensieri, sentimenti, comportamenti fondati su un più forte e sincero scopo di libertà? Libertà, bene comune supremo, liberante di tutto ciò che ci innalza, ci fa star bene, con la nostra speranza, la nostra gratitudine“.