
Una manifestazione contro la violenza sulle donne
"Suggerisco di fare sempre il reclamo al Garante Privacy, che ha poteri di intervento immediati, e di segnalare i casi". È un invito a denunciare, quello della vicepresidente dell’autorità, Ginevra Cerrina Feroni, per aiutare a far luce su un fenomeno le cui proporzioni iniziano solo ora a intravedersi.
Dopo la chiusura dei siti e gruppi social Mia Moglie e Phica.eu, per i quali il Garante aveva avviato una prima istruttoria, Feroni ha sottolineato la gravità della situazione: "Siamo di fronte a qualcosa che mette in gioco la dignità, la corretta rappresentazione e la reputazione delle persone, coinvolgendo dati sensibili come quelli relativi alla sfera intima". A tali affermazioni risponde però l’associazione Amleta, che sottolinea come già nel 2021 aveva denunciato dei siti in cui apparivano scene di nudo decontestualizzate dai film. Cinzia Spanò, la presidentessa che, di fatto, avviò il #MeToo in Italia, lamenta sia la difficoltà di individuare i responsabili dei siti che veicolano foto e video di nudi, sia la poca tutela che esiste per le artiste. "Le attrici sono molto esposte, perché lavorano con il corpo. Sulle immagini di un film dovrebbe valere sia la normativa del diritto d’autore, ma anche quella della gestione dei dati personali – afferma Spanò – perché nelle liberatorie si firma anche la gestione dell’immagine. Ma è un ambito poco tutelato".
Intanto si muove la Commissione Parlamentare sul Femminicidio, visto che sui forum dei siti in questione si parla spesso di stupri virtuali, e si insultano politiche, attrici ma anche donne comuni, tutte considerate oggetti sessuali. "Bisogna concludere l’inchiesta della Commissione Parlamentare sul Femminicidio sui siti sessisti entro la fine dell’anno, per valutare come attualmente avviene il monitoraggio e capire se ci sono provvedimenti già in essere che possono aiutare". A dichiararlo è la presidente Martina Semenzato, che ha manifestato anche la necessità di attuare le norme per individuare e colpire i responsabili, ad esempio limitando a server e provider la diffusione dei servizi digitali nei casi di siti che utilizzino foto private rubate da social personali, o spezzoni di film protetti da copyright.
E sono sempre di più le voci che si alzano a favore di una class action, come quella dell’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, che ipotizza di chiedere i danni a Meta in quanto "è evidente la violazione del principio costituzionale che tutela l’identità e la dignità della persona. In questa vicende è stata ferita con violenza l’identità femminile".
Per quanto concerne le ipotesi di reato, si andrebbe dal revenge porn allo stalking, dalla violenza alla molestia, fino a violazione della privacy, diffamazione e istigazione a delinquere. Sono questi i filoni d’inchiesta sui quali lavora la Procura di Roma, che ha annunciato l’apertura a breve di un fascicolo relativo a Phica.eu. In settimana i pm analizzeranno l’informativa della Polizia Postale, e interrogheranno il gestore italiano del sito.