Donna giù dal ponte sull’A4, il compagno fermato per omicidio: “Ho un vuoto sulla caduta”. Pm: “Ha perso la testa per le nozze annullate”

Non è stato un suicidio: la 34enne Giada Zanola (originaria di Brescia) è stata spinta dal cavalcavia a Vigonza. Caduta in autostrada, è stata poi travolta da un tir. La coppia ha un bimbo di 3 anni. Andrea Favero è in carcere a Padova. Il fratello della vittima: “Non ha mai parlato di violenze”. La coppia doveva sposarsi, ma lei ha annullato il matrimonio

A sinistra, Giada Zanola in una foto pubblicata su Facebook. A destra, il cavalcavia da cui è stata buttata

A sinistra, Giada Zanola in una foto pubblicata su Facebook. A destra, il cavalcavia da cui è stata buttata

Padova, 30 maggio 2024 – È stata uccisa dal compagno Giada Zanola, la donna trovata ieri senza vita sull’A4 nel Padovano. La 34enne, che è originaria di Brescia, è stata buttata dal ponte all’altezza di Vigonza da Andrea Favero, precipitando da una quindicina di metri. Caduta in autostrada, la donna è stata poi straziata da un tir in transito sulla corsia in direzione Milano.

Impossibile immaginare come Favero, camionista, abbia fatto a gettarla nel vuoto: il ponte ha una rete di protezione alta due metri. Il 39enne avrebbe ammesso i fatti davanti al pm ed è stato fermato per omicidio volontario. Prima una lite scoppiata in casa e proseguita anche fuori, fino a quel maledetto cavalcavia, che dista e meno di un chilometro dall’abitazione. La coppia ha un bambino di tre anni.

Sulle braccia, Favero avrebbe anche lividi ed escoriazioni. A tradirlo, le telecamere sul cavalcavia e le contraddizioni su orari e dettagli importanti. La reazione di Luca Zaia: “Tragedia immane”. Davanti al pm, nel pomeriggio, Favero ha detto di non ricordare:

"Non ricordo che Giada sia caduta dal parapetto, ricordo solo che mi continuava a offendere e ricattarmi dicendo che mi avrebbe portato via mio figlio", ha detto agli inquirenti affermando di avere "come un vuoto" e di non riuscire "a mentalizzare la scena" di cosa fosse accaduto a Giada Zanola che, secondo l'ipotesi dell'accusa, avrebbe ucciso "gettandola da un cavalcavia al di sopra dell'autostrada A4 dove il corpo veniva investito e arrotato dai veicoli in transito".

Nel futuro di Giada c'era solo il suo bambino, di tre anni. Andrea Favero, il compagno con cui viveva nella casa comperata a fine 2022 a Vigonza (Padova), non ci sarebbe stato più. Gli amici raccontano che lei l'aveva già detto ad Andrea. “Era evidente che volesse chiudere la loro storia - dice un amico, riferendo del carattere possessivo dell'altro - Lui era abbastanza violento, e geloso, tra i due c'erano continue discussioni».

Non era la prima volta che Andrea alzava le mani. Giada, però non era mai arrivata a denunciarlo. Tutto, pensava, sarebbe finito a breve. Nei violenti alterchi con il compagno, aveva paventato di non fargli più vedere il figlio. Cosa che aveva destabilizzato Andrea, come spiegato dallo stesso 39enne nell'interrogatorio davanti al pm. Dietro la porta della modesta casa di Vigonza c'era una vita di violenze e recriminazioni che nessuno conosceva. Neanche chi abitava loro a fianco. Persone che parlano di Giada come una donna energica, sempre attenta al bambino, ‘una vera mamma’. 

Finora la 34enne aveva lavorato in una profumeria a Vigonovo (Venezia): “era una persona splendida” dice una collega. Ed un'altra amica aggiunge: “Era una ragazza meravigliosa, piena di vita".

L’amica: “Lei aveva paura di lui”

Per la pubblica accusa "appaiono inquietanti i sospetti maturati dalla vittima di essere in qualche modo drogata dall'indagato" - l'autopsia potrà svelare eventuali presenze di sostanze tossiche -, e un'amica della vittima riferisce che la 33enne "le aveva confidato di aver paura dell'indagato" e "aveva visto anche le foto delle ecchimosi riportate dalla vittima a seguito del litigio del 27 maggio".

A dire dell'amica "i due litigavano con cadenza quotidiana, anche per motivi economici" e di litigi "quasi all'ordine del giorno" riferisce anche la madre del 38enne, per il quale è scattato il fermo per il pericolo di fuga.

Per il pm Falcone, prendendo in considerazione eventuali ipotesi alternative, "non sussiste il benché minimo dubbio che la vittima non avesse alcuna ragione di suicidarsi, dato che si trovava in una posizione di forza nei confronti del compagno, aveva una relazione affettiva con un'altra persona e si accingeva a cambiare lavoro, per andare a lavorare presso lo stesso distributore del suo amante". Suicidio escluso anche dalla famiglia e da un'amica che parla della 33enne come di una donna "serena e la stessa vittima le riferiva che 'la sua vita stava andando per il meglio sia sul piano personale che su quello lavorativo'".

Pm: “Vuoti di memoria una messa in scena”

"I vuoti di memoria dell'indagato potrebbero far parte della cosiddetta messa in scena al fine di non scoprire troppo le carte, ma i movimenti dell'auto ripresi dalle telecamere e le sue pur parziali ammissioni rendono evidente che i fatti si sono svolti come da lui spontaneamente ammesso poco prima dell'interrogatorio parlando con la polizia". E' uno dei passaggi del fermo firmato dal pm di Padova nei confronti di Andrea Favero accusato dell'omicidio della compagna.

Nel provvedimento si sottolinea come durante l'interrogatorio, il 38enne "forniva una versione poco credibile", una versione "addomesticata e reticente" che ha propinato anche alla madre alla quale racconta che sono "andati tutti regolarmente a dormire". L'indagato "è arrivato a simulare di avere appreso della morte della compagna solo dopo avere letto un messaggio in una chat: 'lo quando è arrivata la polizia chiedendomi di Giada ho sperato che lei stesse bene e ho appreso della sua morte solo da un messaggio postato sulla chat del quartiere in cui abito'" si legge nel dispositivo di fermo. "Appare chiara dalle stesse parole dell'indagato l'esistenza di un forte movente per l'omicidio, accompagnato da un dolo che, allo stato degli atti, può qualificarsi come dolo d'impeto: li suo viscerale attaccamento al figlio che accudiva ni ogni modo, a fronte della continua minaccia ricattatoria della vittima che faceva leva proprio su tale rapporto viscerale, prospettando al possibilità di portargli via li figlio e non farglielo vedere più" conclude il pm.

Le chat

Andrea Favero avrebbe messo in piedi "una messa in scena" per simulare di non avere ucciso Giada. Lo sostiene la Procura nel provvedimento di fermo. "Al fine di lasciare traccia della messa in scena - si legge nel documento – l'indagato effettuava anche una chiamata al cellulare della vittima e le scriveva un messaggio rinfacciandole di essere uscita senza passare a salutare lui e il figlio". Alle 7,38, come appurato dagli inquirenti, Favero ha scritto a Giada: "Sei andata al lavoro? Non ci hai nemmeno salutato!!". 

Il matrimonio annullato

Emergono poi nuovi dettagli sulla storia tra Giada e Andrea: la coppia doveva sposarsi a settembre, ma lei aveva annullato tutto. “Aveva annullato le nozze perché non se la sentiva più - ha detto un amico di Andrea, alla trasmissione di Rai1 'La vita in diretta’ - Andrea era gelosissimo e possessivo. Giada una ragazza solare, che aveva voglia di vivere”.

La 34enne, sempre secondo gli amici, non aveva mai manifestato propositi suicidi, "anche perché era molto attaccata al suo bambino, una vera mamma”. In ogni ogni caso la ragazza “aveva già detto al compagno che voleva chiudere la storia”.

Andrea Favero "ha subito una serie di ‘colpi’ che lo hanno caricato al punto di perdere completamente la testa e uccidere la Zanola". Lo scrive il pm nel decreto di fermo. Tra questi "l'annullamento delle nozze già fissate per il 21 settembre 2024, con tanto di vestiti, anelli e partecipazioni già pronte, come riferito dalla madre dell'indagato". Ma anche "i problemi economici; la vita da separati in casa; la relazione parallela apertamente instaurata dalla Zanola con un altro uomo; il cambio di lavoro che avrebbe reso quotidiana la frequentazione con quest'ultimo; la possibile fine della convivenza che avrebbe impedito all'indagato di avere rapporti; il pensiero di non avere una via d'uscita: ‘Voglio solo aggiungere che Giada per via di mio figlio mi teneva in pugno ed io non potevo fare altro che stare lì, come dichiarato dallo stesso indagato".

Inoltre il Pm cita "la rottura delle fotografie da parte della Zanola durante il litigio del 27 maggio 2024 (nel corso della perquisizione le foto strappate sono state recuperate e sequestrate), che rappresentava plasticamente la separazione tra lui e la donna e tra lui ed il figlio e le continue minacce della Zanola di togliergli il figlio e non farglielo più vedere, reiterate anche e soprattutto pochi istanti prima dell'omicidio".

Il profilo della coppia in crisi

Bresciana di nascita” e “veneta nel cuore”. Lo aveva scritto con gli hashtag in cima al suo profilo Instragram la 34enne Giada Zanola. Il compagno, in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato, è Andrea Favero di 39 anni, camionista.

Giada stava per iniziare un lavoro in un impianto di distribuzione di carburanti. Fondamentali, per la scoperta dell'omicidio, sono state le contraddizioni, anche nella ricostruzione degli orari, nelle quali il 39enne è caduto già durante l'interrogatorio davanti agli agenti, negli uffici della Polizi stradale di Padova. A tradirlo anche le immagini delle telecamere puntate sul tratto della A4, in direzione Milano, e dello stesso sovrappasso autostradale di Vigonza.

Il fratello della vittima

"Qualche litigio, come in tutte le coppie, ma Giada non ci aveva mai detto che lui fosse stato violento o che la situazione fosse grave”. Lo ha detto Daniel Zanola, il fratello di Giada. La famiglia della vittima abita a Brescia e il fratello parlando del compagno della sorella ora in arresto dice: “Anche con noi Andrea era sempre tranquillo e gentile. Non sappiamo cosa sia successo, devo andare a parlare con la Polizia per capire”.

Zaia: Tragedia immane”

“È una tragedia immane, resa ancora più dolorosa dal pensiero di questo piccolo, che ad appena tre anni resta solo”. Il governatore Luca Zaia commenta così l'ennesimo femminicidio, avvenuto ieri nel Padovano.

“Il solo pensiero mi immobilizza dalla rabbia e dal senso di impotenza che provo in questo momento", gli fa eco Roberto Toigo, segretario della Uil del Veneto

Femminicidio, quindi. “Una parola che nessuno vorrebbe più sentire dopo il caso di Giulia Cecchettin – continua Toigo – ma che invece stenta a sparire nonostante i buoni propositi, le frasi corali dei 'mai più', le maggiori azioni anche di sensibilizzazione contro la violenza di genere che si stanno promuovendo, in particolare in Veneto".

La morte per mano del compagno è “una svolta drammatica e scioccante”. Ed è “disarmante sentirsi così inutili di fronte a queste morti ingiuste che coinvolgono le donne”, dice Toigo. La Uil Veneto "continua la sua lotta silenziosa ma costante contro i femminicidi anche grazie ai suoi uffici di stalking e mobbing e non smetterà mai di promuovere la cultura della vita e del rispetto verso le donne e la parità di genere”.

La lite e i lividi: cosa è successo?

Alle 3.30 di stanotte, Andrea Favero avrebbe fatto delle parziali ammissioni di fronte al pm e agli investigatori che sul giovane hanno notato anche lividi ed escoriazioni riconducibili a pregressi episodi violenti o forse per il disperato tentativo di Giada di divincolarsi e scampare all’orrore. 

Davanti al magistrato di Padova, il 39enne avrebbe ammesso il suo stato di disagio per la relazione ormai in crisi e la preoccupazione di non poter più vedere il figlio di tre anni avuto con la compagna.

La scorsa notte la lite tra i due sarebbe iniziata all’interno della loro casa e poi proseguita anche fuori, fino al cavalcavia dell'Autostrada A4, che dista poco meno di un chilometro dall'abitazione della coppia, dove si sarebbe poi consumato il tragico epilogo: la 34enne fatta precipitare sulla carreggiata autostradale, dove è stata travolta da un camion.

Clamorosa svolta

Non si è trattato di un caso di suicidio, quindi, come era stato invece ipotizzato al momento del ritrovamento del cadavere. La svolta è arrivata nella notte, quando l’uomo ha fatto alcune ammissioni al pm di turno. Il macabro ritrovamento della donna – dilaniata da un camion in transito, che non è riuscito a schivarla, travolgendola – è avvenuto all’alba di ieri, mercoledì 30 maggio.

"Non ci sono più parole per descrivere l'ennesimo femminicidio. Dobbiamo fare ogni sforzo, sia come politica che come società, per difendere le donne da ogni forma di violenza". Così la deputata della Lega, Laura Ravetto, responsabile del dipartimento Pari opportunità del partito.

L’omicidio

La coppia, che ha un bambino di 3 anni, era da tempo in crisi. L'omicidio, secondo la ricostruzione della polizia, è avvenuto al culmine di una lite che i due hanno avuto mentre si trovavano sul ponte sopra l'autostrada, a Vigonza, poco distante dalla loro abitazione.

Qui il compagno l'ha fatta precipitare nel vuoto. Alcune automobili sono riuscite ad evitare il corpo caduto sulla carreggiata – si pensa che sul momento fosse ancora viva – ma poi la donna è stata travolta mortalmente da un camion. Sia la vittima che l'indagato sono italiani.

La prima ricostruzione

Ricostruendo le ore precedenti al fatto, gli agenti di polstrada e squadra mobile, insieme alla polizia scientifica, hanno riscontrato degli elementi che hanno poi portato gli investigatori sull’ipotesi di omicidio.

Il pm si è quindi recato negli uffici di polizia, dove ha ascoltato il 39enne, e al termine del colloquio ha disposto il fermo di indiziato di omicidio volontario, provvedimento eseguito dai poliziotti. L'uomo è stato condotto in carcere di Padova.