Cannabis, il business non vuole morire

In Lombardia i campi si riempiono di canapa ma i negozi che vendono erba legale rischiano. I coltivatori: "Così ci mettono in ginocchio"

Lorenzo Bottani ha avviato la semina e la raccolta di canapa nei campi di Curtatone

Lorenzo Bottani ha avviato la semina e la raccolta di canapa nei campi di Curtatone

Curtatone (Mantova), 24 giugno 2018 - Un centinaio di ettari coltivati a canapa in Lombardia, secondo gli ultimi dati Coldiretti. Piccole e piccolissime aziende agricole che hanno deciso di riconvertire parte della produzione e lanciarsi in un business in ascesa, attirate anche dai costi più bassi rispetto ad altre colture per far crescere legalmente la pianta dai molteplici utilizzi: materiale per l’edilizia e l’industria della carta, ma anche cannabis light, ingrediente per alimenti e unguento utile per alcune terapie. L’80% della produzione si concentra fra le province di Mantova, Cremona e Brescia, a tradizionale vocazione agricola. Seguono Bergamo, Milano e Lodi. Solo a Milano e nell’hinterland sono una cinquantina i negozi che vendono erba light, con contenuto di Thc a norma di legge, ma i numeri sono in continua crescita. Una corsa all’oro verde che ora rischia uno stop. «Stiamo ricevendo decine di telefonate di agricoltori preoccupati - spiega Rachele Invernizzi, vicepresidente di Federcanapa - un intervento da cowboy metterebbe in ginocchio il settore. Certamente bisogna dare delle regole, e siamo pronti a collaborare»

«Stanno ceracndo di attaccare una filiera che sta crescendo, che offre occasioni di lavoro a tanti giovani e sottrae denaro alla criminalità organizzata». Lorenzo Bottani, 42 anni, è uno degli agricoltori lombardi che hanno investito nella canapa e hanno visto crescere il proprio giro d’affari di pari passo con il boom dei negozi di “erba” legale e derivati. Coltiva nelle campagne di Curtatone, nel Mantovano, cannabis sativa che poi viene utilizzata per produrre olio, biscotti, farina, tisane e generi alimentari messi in commercio con il marchio “Le vie della canapa”. E guarda con preoccupazione alla raccomandazione del Consiglio superiore di Sanità che suggerisce di proibire il commercio della marijuana con bassissimi livelli di Thc, legale dal gennaio 2017, e a un possibile giro di vite da parte del Governo sui negozi spuntati in tutta Italia. Una relazione che fa tremare un comparto fiorito e cresciuto rigogliosamente che teme una gelata improvvisa e soprattutto non vuole rinunciare a prospettive di crescita che appaiono fortissime.

Se il parere del Consiglio superiore di Sanità fosse accolto dal Governo che ripercussioni ci sarebbero sulla sua attività?

«Noi riforniamo i negozi con prodotti alimentari e, se dovessero chiudere, non avremmo più un bacino d’utenza di riferimento. Verrebbe affossato un settore che sta crescendo, e sarebbe la criminalità organizzata a guadagnarci».

Sul settore, però, al momento mancano regole chiare. Non pensa che serva un riordino della materia?

«Mancano leggi e direttive quadro che impongano controlli ai produttori di canapa light e analisi per poter andare sul mercato. Sono d’accordo sul fatto che servano leggi certe, anche perché non è ancora regolata la percentuale di Thc negli alimenti, ma lanciare certi allarmi non serve a nulla. Andiamo controcorrente rispetto a Paesi evoluti come il Canada, dove è stata appena legalizzata la marijuana per uso ricreativo».

Quando ha deciso di darsi alla coltivazione della canapa?

«Dal 2000 lavoro come tecnico meccanico nel Consorzio di bonifica Terre del Mincio. Ho sempre amato la terra e nel 2013 ho iniziato a lavorare su un terreno sfitto di proprietà del consorzio. Poi ho preso un’aspettativa, ho affittato altri piccoli appezzamenti e adesso sono arrivato a sette ettari, con certificato bio. Cinque sono coltivati a frumento, e due a canapa. Negli anni del fascismo l’Italia era uno dei leader europei per la coltivazione della canapa, poi è iniziata la caccia alle streghe. Invece di attaccarci dovrebbero aiutarci a fare rete, contro i competitor stranieri, in Francia o in Germania».

Come funziona la vostra filiera?

«La cannabis che produciamo viene lavorata da laboratori artigianali in Lombardia, che confezionano generi alimentari. Noi la rimettiamo in commercio con il nostro marchio. Di questo si occupa principalmente la mia compagna, Chiara. Serviamo negozi in diverse parti d’Italia».

Guadagnate abbastanza?

«Il giro d’affari è ancora piccolo, ma è in crescita. Adesso lavoro part-time per il Consorzio di bonifica, e nel pomeriggio coltivo i miei campi. Sono tutto il giorno a contatto con la terra».