ANNA MARIA LAZZARI
Cronaca

Chiara Cocchiara, ingegnera aerospaziale con gli occhi rivolti al cielo: “In dieci anni l’uomo su Marte, ma io ho già provato a viverci”

Ospite al Festival internazionale dell’Ingegneria. Tre lauree e due bimbi piccoli, dopo i test sul Pianeta rosso oggi fa ricerca sui droni e ammette: “Mi sono sempre sognata astronauta, non principessa”

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Chiara Cocchiara, 36 anni, siciliana di Gela, senior innovation officer presso il Phi-lab dell’Agenzia Spaziale Europea

Milano, 10 settembre 2024 – Nove anni fa ha simulato la vita degli astronauti su Marte, trascorrendo due settimane in una capsula assieme ad altri quattro membri di un equipaggio, tutto americano eccetto lei, di cui era “Crew Commander”, comandante insomma. Una delle tante esperienze incredibili che ha vissuto Chiara Cocchiara, 36 anni e originaria di Gela, senior innovation officer presso il Phi-lab dell’Agenzia Spaziale Europea, fra le ospiti del Festival internazionale dell’Ingegneria, promosso dal Politecnico di Milano. Sabato, dalle 16, dialogherà con Valentina Sumini, architetto dello spazio, e Ingrid Paoletti, docente di Tecnologia dell’architettura all’ateneo di Città Studi, nel talk “Come abiteremo nello spazio”. Tre lauree (fra le università di Pisa, Kiruna, in Svezia, e Tolosa, Francia), un Mba alla Rome Business School e un dottorato quasi finito all’università di Palermo, Cocchiara, ingegnere aerospaziale, era stata inserita da Forbes nella lista dei leader under 30 nella categoria industria mentre il Mit di Boston le ha conferito il premio di Innovator Under35, per un progetto basato sull’utilizzo di droni per salvare vite umane sulla Terra.

Di che si tratta?

“Sono droni dotati di sensori infrarossi e supportati da infrastruttura spaziale, in grado di captare la presenza umana anche in location estreme. Attraverso i dati forniti dal sistema di osservazione terrestre combinati con parametri medici, si possono ottenere informazioni per capire se una persona è ancora viva anche si trova dispersa in mezzo al mare o in montagna, organizzando così al meglio la macchina dei soccorsi”.

Tutto però è iniziato da un sogno dell’infanzia.

“Il mio sogno da bambina non era diventare principessa ma astronauta. La mia passione per lo spazio è nata lì. Al momento di scegliere l’università senza tentennamenti mi sono iscritta a Ingegneria aerospaziale a Pisa: su 180 iscritti eravamo solo 15 studentesse. Credo sia stata una grande fortuna poi potermi occupare di space economy, in un periodo caratterizzato da una fortissima accelerazione. Fra i progetti a cui più tengo una missione nel deserto dello Utah come comandante di una missione Nasa…”.

Racconti.

“Era un progetto della Mars Society che risale al 2015. In breve una missione che simulava la vita degli astronauti su Marte. Ho vissuto in una capsula per due settimane, con un’altra ricercatrice e tre ricercatori, tutti statunitensi. Abbiamo vissuto come se fossimo un equipaggio, hanno anche testato la nostra tenuta psicologica. L’esperimento è avvenuto nel periodo natalizio che genera una pressione maggiore, vista la lontananza degli affetti. In più eravamo isolati e senza internet. Ma non avevamo modo di annoiarci: come succede davvero agli astronauti, l’agenda era molto fitta, con una serie di esperimenti da fare. Abbiamo testato ad esempio un rover della Nasa. Non mancava l’educazione fisica perché in ambienti con micro-gravità non deve mancare”.

Di chi altro si è occupata?

Negli ultimi 12 anni di sistemi di osservazione terrestre, sia con satelliti in orbita che in preparazione di missioni future, prima con Eumetsat e poi con l’Agenzia Spaziale Europea, l’Esa, in cui ho appena iniziato a lavorare, al Phi-lab che ha sede a Frascati”.

Cosa fa il Phi-lab?

“Ricerca le idee più innovative e dirompenti sia per satelliti in orbita che per le applicazioni sulla Terra. Ad esempio si utilizzano l’intelligenza artificiale o il quantum computing per la gestione dei dati satellitari e di missione. L’obiettivo è accelerare il futuro dell’osservazione della Terra, attraverso innovazioni trasformazionali e commercializzazione dello spazio, con progetti assieme a esperti di vari campi”.

Lei è anche madre di un bimbo di 5 mesi e di una bambina di due anni. Nessuno le ha mai rinfacciato la scelta della maternità?

“Probabilmente sono stata molto fortunata. Prima nell’avere una famiglia che ha sempre creduto in me, poi nel lavorare in istituzioni che non mi hanno imposto di scegliere fra carriera e figli, garantendomi quella flessibilità di cui avevo bisogno”.

Secondo lei, quando vedremo il primo uomo su Marte?

“Ad oggi ci sono una serie di difficoltà tecniche, a partire dal tempo di percorrenza o le telecomunicazioni. Al Festival dell’Ingegneria spiegherò come l’intelligenza artificiale possa aiutarci anche per organizzare una missione sul “pianeta rosso”. È presumibile che Prima avverrà l’esplorazione della Luna”.