
Celicachia
Milano – La pandemia di Covid ha rallentato le diagnosi di celiachia, ma i numeri di chi soffre di questa patologia restano in crescita. Secondo la relazione annuale al Parlamento della Direzione generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione del Ministero della Salute in Lombardia nel 2021 ci sono state 1.479 nuove diagnosi, in calo rispetto alle 2.123 del 2020 e sotto la media del triennio di 1.833. "Non è un segreto che con il Covid tutti gli ospedali erano dedicati alla prevenzione della pandemia – spiega Isidoro Piarulli, presidente dell’Associazione Italiana Celiachia Lombardia (Aic) – Inoltre anche da parte dei celiaci c’è stata la paura di andare in ospedale per sottoporsi a esami, se erano rimandabili. Non da ultimo, c’è la questione dei tempi lunghi delle diagnosi, che arrivano a 6 anni. La celiachia ha sintomi classici gastrointestinali e altri meno specifici, come malattie del cavo orale, aborti spontanei, infertilità negli uomini, alopecia e nei minori scarso accrescimento o obesità. In questi casi, la diagnosi si complica e intanto vengono fatti tantissimi esami. Noi stiamo cercando di sensibilizzare in ambito sanitario e tra la cittadinanza, per ridurre i tempi".
Nel 2021, secondo la relazione del Ministero, in Lombardia la spesa sanitaria per l’erogazione degli alimenti senza glutine in esenzione è stata di circa 42 milioni, pari a 956 euro di media pro capite, in linea con il dato nazionale (il valore massimo è in Molise con 1.113 euro per celiaco). Nel 2022 il valore assoluto sarà probabilmente in aumento perché, anche per effetto del recupero delle diagnosi “perse“ nel 2021, il numero di celiaci in Lombardia è aumentato: dai 43.919 del 2021 ai 46.433 del 2022 secondo i dati forniti dall’associazione, ovvero 2.500 in più.
“Le cause della malattia? Di base c’è una predisposizione genetica ma ci vuole anche una causa scatenante, come un trauma emotivo. La stima è che i potenziali celiaci siano 1 su 100, ma solo 1/3 per ora è stato scoperto, mentre gli altri sono da diagnosticare". Il grande problema resta la lunghezza dei tempi di diagnosi. "Il celiaco è malato fino a quando non sa di esserlo – sottolinea Piarulli – Una volta che conosce qual è il problema sta bene, non prende più medicine ma deve solo imparare a mangiare bene, eliminando il glutine, che non ha proprietà nutrizionali se non il sentir l’alimento scrocchiare sotto i denti".