Camorra, morto in carcere il boss Cosimo Di Lauro: è stato ucciso? Cosa sappiamo finora

La Procura apre un fascicolo contro ignoti per omicidio colposo. Dalla morte naturale all'avvelenamento, le ipotesi sul tavolo.

Cosimo Di Lauro

Cosimo Di Lauro

Milano - Ipotesi omicidio. E' mistero attorno alla morte del boss Cosimo Di Lauro, deceduto nel carcere di Milano-Opera dove era detenuto al carcere duro, regime scattato un mese dopo l'arresto nel 2005, dopo la faida di Scampia a Napoli e la condanna all'ergastolo. Un'ipotesi messa nera su bianco da pm di turno Roberto Fontana che ha aperto un fascicolo con l'ipotesi di omicidio colposo. Finora, nessun nome è stato iscritto nel registro degli indagati. Si tratta dunque di un fascicolo a carico di ignoti. Tuttavia, oltre all'autopsia di rito, sono state disposte una consulenza medici-legale e una tossicologica per chiarire l'esatta causa del decesso e verificare se qualcuno possa avere ucciso Cosimo Di Lauro. 

Nessun segno di violenza

Il punto è che sul corpo del boss e nella cella non sarebbero stati trovati segni evidenti o elementi che possano allo stato far ipotizzare un suicidio o una morte violenta. Al momento si propende quindi per una morte per cause naturali ma saranno gli accertamenti medici a fare chiarezza. Il sospetto è che qualcuno possa avere avvelenato il 49enne protagonista di una delle faide più cruente della storia della camorria napoletana. 

Da Principe a "squilibrato"

Una punizione per il suo passato? Difficile a dirsi. Il Principe di Scampia non era più tale da tempo, almeno a sentire il suo avvocato Saverio Senese che questa mattina ha ricevuto la mail via pec dal carcere di Opera: "Il suo assistito è morto". Poco altro. Il 49enne, recluso da 17 anni, "ormai non rispondeva alle domande, era sempre sporco, assente; sin dall'inizio ho sempre avuto la sensazione che fosse uno squilibrato". A dirlo è l'avvocato che ha sempre visto respinte le sue richieste di perizie sulla capacità mentale dell'ex capo clan che, al culmine della sua carriera criminale, avrebbe ispirato il personaggio di Gennaro Savastano di Gomorra. L'ultimo contatto con il suo cliente che, malgrado tutto, ha comunque difeso "per deontologia professionale", risale a quando era chiuso nel carcere di Rebibbia, molti anni fa, quasi una decina. "Durante i colloqui mi fissava - ricorda Senese - ma dava la sensazione che non fosse in grado di comprendere. L'autorità giudiziaria riteneva stesse fingendo. Se così è stato allora era anche un grande attore...".

I rapporti con la famiglia

Secondo quanto si è appreso anche i rapporti con la sua famiglia ormai erano cessati da tempo. Nel 2015 venne presentata una denuncia al DAP ed al garante dei detenuti proprio per mettere in evidenza l'immobilismo delle autorità competenti nei confronti del suo stato di salute (secondo una perizia di parte era affetto da una grave patologia psichiatrica) ma il comportamento di Cosimo è stato sempre ritenuto riconducibile a una strategia finalizzata a ingannare i giudici.