MILLA PRANDELLI
Cultura e Spettacoli

Villa Caffetto, il brutalismo che esprime arte da ogni angolo

Progettata negli anni Settanta dall’architetto Fausto Bontempi, la dimora dell’artista bresciano Claudio Caffetto è oggi una casa-museo ricca di opere che, in dialogo con l’edificio, raccontano un’epopea collettiva che ha segnato l’arte del Novecento

Villa Caffetto,esempio di arte brutalista

Villa Caffetto,esempio di arte brutalista

L’arte e la genialità di Claudio Caffetto, artista bresciano scomparso tre anni fa, diventano seme che aiuterà la cultura a germogliare negli spazi di casa sua: villa in stile brutalista a Calcinatello di Calcinato, che non è solo struttura e memoria, ma che grazie agli eredi e a una associazione culturale diventa un organismo pulsante dove le pareti respirano luce e natura e il paesaggio diventa complice della creazione.

Villa Caffetto è da un anno aperta al pubblico come casa-museo. Claudio Caffetto, scomparso tre anni fa, non era solo un artista: era un facilitatore di visioni, un tessitore di connessioni tra menti brillanti. La sua dimora, oggi diretta artisticamente da Stefano Soso e coordinata dalla figlia Metilde Caffetto, è stata per decenni un crocevia di sperimentazioni audaci, di cui la prima di certo è la progettazione da parte dell’architetto Fausto Bontempi, scomparso pochi mesi fa. Qui, tra le sale che affacciano sui colli morenici dell’entro terra del lago di Garda – siamo a Calcinatello - si sono incontrate geometrie ipnotiche, materie ribelli e intuizioni rivoluzionarie, che si declinano in rossi, blu e gialli improvvisi, vetrate che si muovono o possono essere coperte da ante scorrevoli, oblò e saliscendi che seguono l’orografia della collina su cui Villa Caffetto è stata costruita.

Il padrone di casa e la moglie Franca Manera hanno qui creato un cenacolo culturale. Le opere esposte nella casa, comprese quelle di Caffetto, raccontano un’epopea collettiva: ci sono le ricerche optical di Franco Grignani, le dissolvenze spaziali di Dadamaino, le suggestioni orientali di Hsiao Chin e le provocazioni concettuali di Guglielmo Achille Cavellini. E ancora, si possono vedere pezzi di Gino Cosentino, Alberto Meli, Rinaldo Pigola, Delima Medeiros: nomi che hanno scritto pagine forse meno note, ma fondamentali per la storia dell’arte del Novecento.

“Questa casa è stata progettata a metà degli anni ‘70 – spiega Metilde Caffetto, figlia di Claudio – e noi siamo venuti ad abitare qui da Brescia proprio negli anni ‘70. Mio padre aveva appena 30 anni, l’architetto Bontempi una quarantina. Il cantiere è stato lungo e ora stiamo recuperando progetti e disegni. Sono molto belli e danno l’idea della difficoltà di realizzare una costruzione di questo tipo in quell’epoca. Ora vogliamo che la casa continui a vivere.

Entrare a Villa Caffetto, di fatto, non è visitare una galleria e neppure vedere un bell’edificio: è immergersi in un ecosistema dove ogni opera dialoga con l’architettura, la luce, il giardino. Caffetto stesso la pensava così: l’arte doveva essere tattile, perfino olfattiva, non confinata alla contemplazione passiva.