Rapito in Siria, Sergio Zanotti racconta: "Mi ha liberato l'Italia"

"Quattro connazionali sono entrati in casa e hanno detto: preparati"

Sergio Zanotti

Sergio Zanotti

Marone (Brescia), 9 aprile 2019 - Sergio Zanotti il cinquantottenne rapito in Turchia nell’aprile del 2016 e poi detenuto per tre anni in Siria, è stato liberato da quattro italiani, non in uniforme, supportati da alcuni uomini di nazionalità turca. Per riportarlo a casa a Marone, nel Bresciano, non vi è stata alcuna irruzione militare. Segno, questo, di un lungo lavoro di intelligence e diplomazia, condotto dal governo italiano.

«Sono stato liberato venerdì 5 aprile alle 15 – ha spiegato ieri Zanotti di fronte al Municipio del paese dove è nato e cresciuto e dove vive nella stessa casa della sorella Bice - quando i quattro italiani sono entrati nella casa dove ero prigioniero, in territorio di guerra, quasi non ci credevo. Per mesi ho vissuto nel terrore degli spari e con il timore di qualche incursione. Come avrei potuto spiegare di essere italiano e rapito? Mi hanno detto: “Preparati Sergio, che ti portiamo a casa”. Subito dopo li ho abbracciati, così come ho abbracciato il loro capo che è venuto ad attendermi al mio arrivo in Italia».

Zanotti non ha parlato di riscatto e ha detto di non avere visto scambio di denaro. «L’unica cosa che posso dire è che quei nostri connazionali sono stati eccezionali – ha rimarcato – il merito della mia liberazione è del Governo, che ha lavorato a lungo. Appelli e articoli di giornale alle persone chi mi hanno rapito non interessano. I miei angeli sono stati quegli uomini, che dopo avermi riportato a casa mi hanno salutato in fretta, dicendomi che ora si occuperanno dell’altro rapito bresciano: il Sandrini. Sono certo che si prodigheranno per lui come hanno fatto per me. Non smetterò mai di ringraziarli e spero un giorno di poterli rivedere, magari qui sul lago». Zanotti ancora ieri era molto provato. È dimagrito molto e ha perso quasi tutti i denti. «Non sto ancora bene, dovrei andare in ospedale ma non vorrei doverci restare – ha spiegato – durante i tre anni di prigionia mi sono cauti molti denti, forse per l’acqua malsana. Ho mangiato malissimo. Sono sempre stato in casa, in condizioni igieniche non ottimali. Devo dire, però, che nessuno mi ha mai fatto davvero del male. Quando sono salito sull’aereo i miei salvatori mi hanno dato del prosciutto. Credo sia stato il cibo più buono che abbia mai mangiato». Per tre anni Sergio Zanotti ha sofferto la mancanza dei cinque figli: le tre giovani donne avute dall’ex moglie e i due bimbi, maschio e femmina, avuti dalla ex compagna sudamericana. «Mi sono mancati tutti. Due figlie e il nipotino li ho già visti, ora per vedere quella che risiede in Germania andrei persino a piedi fin là. La aspetto – ha rimarcato – il mio grande sogno, poi, è rivedere la bimba che ho avuto dalla mia ex del Sud America, che non incontro da alcuni anni. Amo tutti i miei figli infinitamente. Sono felice di essere stato liberato perché so quanto hanno sofferto. Mi è mancata molto anche mia sorella Bice».

Zanotti in questi giorni sta abbracciando familiari e amici. È facile incontrarlo nei bar del paese. Ieri, per esempio, ha fatto colazione e poi ha trascorso parte del pomeriggio al bar pasticceria Centrale. «Mi sono mancate le piccole cose – ha concluso – per tre anni ho maledetto il giorno in cui sono partito. A ricordarmelo c’erano sempre i miei rapitori, più volte visti in volto e di cui ho visto i simboli, che li caratterizzano come terroristi di Al Qaeda. Ora riposerò qualche giorno, poi mi darò da fare per tornare al lavoro. Non escludo di fare viaggi all’estero. Ma di certo eviterò i paesi islamici»