Brescia, Singh e il curriculum nel turbante: “Ho 65 anni, nessuno mi assume”

Sos di un indiano. Il paradosso di un senegalese: ho lo stipendio, non trovo casa

Singh Ranjit

Singh Ranjit

Brescia – Turbante arancione ben sistemato in testa, un sorriso che lascia trapelare preoccupazione, il marsupio nero a tracolla, tenuto ben stretto. Dentro c’è quello che ora per Singh Ranjit è tra le cose più preziose, ovvero il suo curriculum. "L’ho lasciato dappertutto – racconta – spero che qualcuno prima o poi mi chiami". La risposta, per ora, però, è sempre la stessa: le aziende cercano persone giovani. E Ranjit, con i suoi 65 anni, è fuori da questa categoria, nonostante la lunga esperienza lavorativa.

"Ho sempre lavorato – racconta –. Nel 1981 dall’India sono andato in Germania, mentre nel 1991 sono venuto in Italia. Ho lavorato per sei anni in un’azienda agricola di Latina, poi dal 1997 al 2021 ho fatto l’operaio nel Bresciano".

Le cose cambiano con Covid. La moglie si ammala gravemente, il virus genera complicanze e, alla fine, per curarla, tornano in India per qualche tempo. Al ritorno, Ranjit non ha più il lavoro e, da allora, nessuno lo ha più assunto. Senza reddito, è impossibile continuare a pagare le rate del mutuo. Per lui non è stato neanche possibile accedere al reddito di cittadinanza, perché l’Isee è quello di quando lavorava, e quindi, fino ad ora, non ha avuto i requisiti per poter avere almeno questo supporto. Anche la pensione è ancora un miraggio, perché gli mancherebbero un paio di anni di contributi. L’unico supporto su cui può contare è quello messo a disposizione dall’associazione via Milano 59 che, attraverso la dispensa alimentare, segue le famiglie della zona più in difficoltà. "Io vorrei solo lavorare, farei qualunque cosa – racconta –. È molto difficile, intanto vado avanti, seguo mia moglie, e cerco lavoro. Ma tutti vogliono i giovani, per me non c’è più posto, eppure ho sempre lavorato". Tornare in India, ora, sarebbe difficile, dopo 30 anni. "Oggi abbiamo questi problemi, magari domani cambierà, con l’aiuto di Dio".

Quella di Ranjit è solo una delle tante storie di fragilità, di nuove povertà che gli “addetti ai lavori“ (Servizi sociali, onlus, la rete capillare e indisensabile del Terzo settore ) conoscono bene, ma che restano quasi invisibili agli occhi di province tendenzialmente ricche come quella di Brescia. Basta passare negli spazi di associazioni come quella di via Milano 59 (ma non solo) per vedere il via vai di persone che, discretamente, passano a ritirare pacchi alimentari e aiuti per le famiglie.

E poi ci sono i casi paradossali. Come quello di B., 33 anni, arrivato dal Senegal undici anni fa, che un lavoro ce l’ha ma da due anni non ha un’abitazione. "L’affitto potrei pagarlo – spiega – ma non trovo nulla, nessuno affitta, dicono che non c’è posto. Mi arrangio come posso, mi è capitato anche di dover dormire per strada". Una situazione diffusa, in realtà, soprattutto tra famiglie e persone di origine non italiana, come tante volte denunciato dall’associazione Diritti per tutti, a cui B. si è rivolto. "Lavoro come guardia notturna, ho chiesto al mio capo se mi potevano dare una mano a cercare casa, ma non possono fare nulla neanche loro. Eppure vorrei solo vivere una vita normale".