Uccisi dal motoscafo, il connazionale degli imputati: "Quella notte alcolica sul Garda"

Continua il processo ai due tedeschi che hanno travolto e ucciso sul lago Umberto e Greta

Le manovre per recuperare i corpi dei due ragazzi italiani falciati dal Riva

Le manovre per recuperare i corpi dei due ragazzi italiani falciati dal Riva

Brescia - Terza udienza ieri del processo ai manager tedeschi Patrick Kassen e Christian Teissman, che la sera del 19 giugno sfrecciando a bordo del loro Riva Acquarama hanno ucciso Umberto Garzarella, 37 anni, e Greta Nedrotti, 25, fermi nel golfo di Salò su una barchina in legno a guardare le stelle. Presente in aula, come già in precedenza, solo Kassen, tuttora ai domiciliari, che in quel frangente si ritiene fosse ai comandi del motoscafo dell’amico. Il pm Maria Cristina Bonomo contesta a entrambi il duplice omicidio colposo, il naufragio, l’omissione di soccorso ma anche l’eccesso di velocità e la guida in stato di ubriachezza. Solo Kassen il giorno dopo l’incidente si era sottoposto all’alcoltest, risultando leggermente positivo. Teissman si era rifiutato.

Ieri davanti al giudice Carlo Ernesto Macca un testimone, connazionale degli imputati, ha ripercorso le ore precedenti e successive all’investimento, sostenendo di averli visti bere champagne in barca e di avere riportato lui un vassoio con la bottiglia e due bicchieri al bar. L’immagine degli imputati che bevevano sul Riva aveva fatto il giro del web e della stampa di mezzo mondo nei giorni dopo il dramma. Gli avvocati difensori Guido Sola di Modena e Massimo Bonvicini di Brescia hanno però contestato al teste di avere riferito la circostanza per la prima volta in udienza. "Eppure quel vassoio lo ricordo come fosse oggi. Quel sabato pomeriggio aveva incrociato i due a Salò "prima in un bar accanto al bar Italia dove eravamo io e i miei amici, e poi alle otto di sera mentre uscivano dal bar Orologio – ha detto Stephan – Ci eravamo messi d’accordo di vederci in piazza tra le 22 e le 23 ma non sono arrivati".

Gli imputati erano stati a cena in un ristorante di San Felice, sull’altra sponda del golfo, e rientrando poco prima delle 23,30 hanno falciato il gozzo dei ragazzi. "Un centinaio di metri dopo la nautica Arcangeli li abbiamo rivisti, Patrick era completamente bagnato, allora gli ho dato la mia maglietta – ha proseguito Stephan – Mi hanno detto che avevano colpito qualcosa con la barca, che si era rotta e si stava riempiendo d’acqua. Per me era ubriaco. Siamo tornati nella piazza per digerire lo choc della barca rotta e l’ho dovuto sostenere io per camminare. Cristian invece non era scioccato ma parlava poco, non saprei valutare".

Sentito dai carabinieri il 20 giugno, il teste aveva però riferito che entrambi fossero sicuramente ubriachi. "Cristian però non così come Patrick". Il gruppo ha concluso la serata al bar dell’hotel Commercio. "Ci siamo seduti vicino ai nostri amici. Patrick si è addormentato sulla sedia e una mezz’ora dopo ha iniziato a vomitare. Era ferito, abbiamo chiamato il 118. Non ci hanno raccontato nulla di particolare se non che avevano colpito un pezzo di legno. I sanitari volevano portarlo al pronto soccorso, ma loro hanno risposto in italiano che non era necessario, e sono tornati in albergo".