Omicidio Temù: com'è morta Laura Ziliani. Mirto Milani ha confessato al compagno di cella

Colpo di scena al processo per l'assassinio dell’ex vigilessa di Temù con la testimonianza di un detenuto. I tentativi di depistaggio dell'uomo del trio diabolico

Laura Ziliani

Laura Ziliani

Brescia - Chiede di farsi mettere in cella con Mirto Milani perché punta a saperne di più sull’omicidio di Laura Ziliani, si trasforma in agente segreto, e nel giro di poche settimane ottiene la piena confessione del 28enne sopranista di Lecco, che fino a quel momento era sempre rimasto muto come un pesce. Poi spiffera tutto alle forze dell’ordine. Protagonista della svolta un ex detenuto, un imprenditore del Garda che da metà ottobre 2021 a metà gennaio 2022 era stato compagno di stanza a Canton Mombello dell’assassino del ‘diabolico trio’, a processo in Assise per l’omicidio e l’occultamento del cadavere della ex vigilessa di Temù. "Sono stato io ad avvicinarmi, spinto dalla curiosità. In breve abbiamo iniziato a parlarne da mattina a sera, anche la notte. Non uscivamo mai dalla cella, lui aveva paura degli altri".

Dopo essersi professato innocente, Milani ha preso a contraddirsi: "Mi sentivo preso in giro e mi arrabbiavo, mi avrà dato 5-6 versioni. Ha cominciato col dire che avevano solo seppellito Laura dopo averla trovata morta sulla porta di casa. Poi è stata un’escalation". Milani vuota il sacco a fine novembre: "La sera del 7 maggio lui e le ragazze avevano ormai deciso di ucciderla dopo altri tentativi. Avevano pensato di spararle durante una gita con un fucile ad aria compressa, di spingerla in un burrone, di farle venire una broncopolmonite. Il clima famigliare era intollerabile, ed erano convinti che Laura li volesse uccidere per essere libera. L’avevano sentita parlarne con un uomo, loro la registravano con un cellulare nascosto. Alla fine è prevalso il piano di stordirla con benzodiazepine recuperate da Silvia che lavorava in casa di riposo, iniettate in un muffin. Laura l’ha mangiato ed è andata a letto ma dopo un po’ si è alzata. Quando ha aperto il frigo in cucina Silvia le è saltata addosso alle spalle facendola cadere su stessa, le metteva le mani al collo ma non moriva, si divincolava. Sono arrivati anche lui e Paola, le ragazze insultavano la madre, soprattutto Silvia. Allora Mirto le ha infilato un sacchetto di plastica in testa e ha stretto con un cavo elettrico".

Il terribile racconto continua. "L’hanno spogliata e fatto indossare un intimo curato e orecchini per simulare un incontro amoroso finito male, e poi avvolta in pellicola trasparente e preparato un composto con la calce. Si sono vestiti con tute anti Covid, guanti e calzari, e l’hanno caricata sulla Opel Meriva. Per arrivare alla ciclabile dove l’hanno sepolta ed evitare le telecamere sono andati per campi. Erano basiti che Laura continuasse a contorcersi, non capivano se fosse morta o no".

Federico è stato anche testimone di rocamboleschi tentativi di depistaggio di Mirto, che tramite messaggi e ‘pizzini’ nascosti cercava la collaborazione della famiglia affinché diffondesse la confessione di un misterioso amante della vittima da lui inventato. Aveva coniato un linguaggio in codice da usare al telefono, con i nomi dei gatti di casa: "Dite Buba se lo fate. Monopolo se no". "Milani scriveva molto, una mattina l’ho visto nascondersi sotto la coperta e uscirne con dei fogli che guardava in controluce". Un calco senza inchiostro, con istruzioni destinate alla madre, che l’imprenditore ha però consegnato a tradimento alla direzione del carcere.