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Seriate (Brescia) - Il Dna di Antonio Tizzani su quel taglierino. Nella prossima udienza ci sarà un faccia faccia tra esperti, consulente della difesa e Ris. Riparte da lì il processo di secondo grado, davanti alla Corte d’Assise d’appello di Brescia, all’ex capostazione (che oggi ha 74 anni) pienamente assolto in primo grado a Bergamo dall’accusa di avere sgozzato la moglie Gianna Del Gaudio, insegnante in pensione di 63 anni, la notte fra il 26 e il 27 agosto 2106, nel loro villino in via Madonna delle Nevi, a Seriate. Il Dna era solo un "mero indizio" secondo la sentenza con cui, il 20 dicembre di due anni fa, la Corte d’Assise di Bergamo ha completamente scagionato Tizzani per non avere commesso il fatto. "I risultati delle indagini genetiche sull’arma del delitto sono dirimenti", ha ribattuto nel ricorso il pm Laura Cocucci, che nella sua requisitoria aveva chiesto invece la condanna all’ergastolo. Tizzani era stato anche assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di maltrattamenti alla moglie, con cui era stato sposato per trentasette anni. Il cutter era stato trovato in una siepe, due mesi dopo il delitto, a seicento metri dall’abitazione. Era in un sacchetto delle mozzarelle che venivano consegnate in casa Tizzani. Nel sacchetto c’era anche un paio di guanti di lattice con un Dna sconosciuto: era l’aplotipo Y identico a quello isolato su Daniela Roveri, la manager uccisa quattro mesi dopo Gianna Del Gaudio, anche lei con un fendente alla gola, nell’atrio del suo palazzo, a Colognola. Una coincidenza che aveva fatto sì che sui due delitti, in terra bergamasca e vicini nel tempo, si allungasse l’ombra di un serial killer. Era stato il genetista forense Giorgio Portera, consulente della difesa, a portare davanti ai giudici di Bergamo la tesi che il codice genetico di Tizzani (rinvenuto soltanto ...
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