Bimba morta di malaria a Brescia, la piccola restituita alla famiglia/ VIDEO

L'autopsia ha confermato la diagnosi di morte per encefalopatia malarica. Ma bisogna capire come ha fatto ad ammalarsi: si procede su più fronti

La piccola Sofia con i genitori

La piccola Sofia con i genitori

Brescia, 8 settembre 2017 - Si chiude con l’autopsia la pagina bresciana della morte di Sofia, la bimba di 4 anni vittima della malaria. La piccola era stata portata a Brescia, agli Spedali Civili, da Trento dove era ricoverata all’ospedale Santa Chiara. Qui era stata diagnosticata la malattia, che in Italia non si vedeva da 30 anni, e, viste le gravi condizioni della piccola, era stato disposto il trasferimento d’urgenza a Brescia, dove è presente non solo la rianimazione pediatica, ma anche l’istituto di malattie tropicali. Non c’è stato nulla da fare, però: tra domenica e lunedì, è avvenuto il decesso. L’autopsia fatta ieri nell’istituto di medicina legale del Civile, ha confermato il referto e la diagnosi ospedaliera di morte per encefalopatia malarica.

«L’autopsia – ha spiegato il direttore generale del Civile, Ezio Belleri – era più che altro un atto dovuto, perché purtroppo la diagnosi era evidente». Ad eseguire l’autopsia, Federica Bortolotti, anatomopatologa dell’Università degli studi di Verona, e Angelo Cazzadori, specialista in malattie infettive, arrivati da Verona, per garantire la terzietà, visto che anche la Procura di Brescia, oltre che quella di Trento, ha avviato un’indagine per accertare eventuali responsabilità nella morte della bambina. Se l’ospedale di Trento è stato oggetto di ispezione da parte del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità, al Civile non sono state fatte verifiche mirate a capire come sia avvenuto il contagio. «Sofia è arrivata qui quando ormai la malattia era in stadio avanzato», ha ricordato Belleri. Sofia ha lasciato Brescia attorno alle 18, quando, conclusa l’autopsia, è arrivato il nulla osta per la sepoltura e la piccola è stata riportata a Trento, dalla famiglia.

La vicenda, però, non si concluderà prima di aver capito come si sia ammalata Sofia. Si procede su più fronti. Ieri i Carabinieri del Nas hanno sentito la famiglia rientrata dal Burkina Faso e ricoverata a Trento per malaria. Le due bambine erano nello stesso reparto di Sofia ed erano state colpite dallo stesso parassita, il Plasmodium falciparum. Da verificare, però, se il ceppo è lo stesso: una risposta arriverà dalle indagini molecolari fatte dall’Istituto superiore di sanità sui campioni di analisi fatte sia su Sofia che sulle bambine. La famiglia è stata comunque ascoltata per capire se la «zanzara killer» possa essere arrivata in Italia nei bagagli. Sarebbe escluso il contagio con un ago infetto all’ospedale di Trento dove il direttore generale Paolo Bordon assicura che viene usato «materiale di ultima generazione e monouso». E’ stata sequestrata, inoltre, la documentazione clinica relativa al ricovero di Sofia all’ospedale di Portogruaro, dal 13 al 16 agosto. Dagli esami e i controlli incrociati, dovrebbe emergere la verità, per fare un po’ di chiarezza su una morte che appare inspiegabile.