FEDERICA PACELLA
Cronaca

Adozioni, quel figlio perso in una truffa: "Una battaglia lunga 10 anni"

Una coppia bresciana fa causa alla Commissione per le adozioni internazionali. "Il primo abbraccio, le visite in orfanotrofio, lo scandalo: è omessa vigilanza"

La moglie di Fabio Selini col bimbo

Brescia - "Qualcuno ci ha permesso di dire a un bambino 'torniamo, siamo la tua mamma e il tuo papà, e non siamo più tornati". Quella frase, ripresa poi dal pm nella requisitoria, Fabio Selini la pronunciò nella sua deposizione al processo per lo scandalo delle adozioni in Kirghizistan, sperando, da vittima, di potere avere risposta a una semplice domanda: chi è quel qualcuno? Ma dieci anni non sono bastati per arrivare a una soluzione.

Per questo, Selini, bresciano, autore di diversi libri sull’adozione tra cui "I giorni mai resi" dedicato al caso Kirghizistan, ha deciso di fare causa alla Commissione per le adozioni internazionali, l’ente italiano che vigila e verifica il procedimento di adozione internazionale. "É una causa civile per omessa vigilanza – spiega Piero Pasini, legale della famiglia Selini – perché la Commissione, è l’organo deputato a vigilare su queste dinamiche, ma non ha vigilato. Già nel 2017 è stata condannata al risarcimento di una coppia truffata nell’ambito di questa vicenda".

L’ultimo atto dell’iter giudiziario iniziato nel 2013 è stato scritto ad aprile, con la sentenza della Corte d’Appello di Genova che ha ribaltato la condanna in primo grado del Tribunale di Savona, assolvendo Silvia La Scala, allora presidente della onlus L’Airone di Albenga, dall’accusa di aver truffato una ventina di famiglie (6 si sono costituite parte civile nel processo) proponendo adozioni in Kirghizistan. Adozioni che, di fatto, non erano praticabili, perché i bambini non erano adottabili, nonostante gli aspiranti genitori continuassero a versare soldi e fossero andati a visitare i bimbi in orfanotrofio.

Per la vicenda, nel 2012 venne venne arrestato il ministro dello Sviluppo sociale khirghiso, Ravshan Sabirov. "Non commento le sentenze – spiega Selini, in un lungo video pubblicato dopo la conclusione del processo penale – ma è pur vero che leggerne le motivazioni lascia l’amaro in bocca. Leggendo alcuni passaggi mi sono sentito umiliato come vittima, come padre, come cittadino, come essere senziente. Mi fermerei se non mi fossi imbattuto in una frase che mi ha trafitto il cuore, 7 parole che si riferiscono all’operato dell’ente “che pure agì con una qualche leggerezza“.

Ecco, mi rivolgo a chi frequenta l’universo adottivo: da quando è consentita una qualche leggerezza quando ci si occupa di adozioni internazionali? Da quando è consentita una qualche leggerezza quando si ha a che fare con i diritti dei bambini? Quando mai ai genitori adottivi, nell’iter adottivo, è permesso di agire con qualche leggerezza? Qui rispondo io: mai". Il punto non sono le condanne, le assoluzioni o le vendette, ma ricordare che "quella leggerezza ha devastato esistenze e ha segnato per sempre il destino dei bambini, ha distrutto prospettive, sogni, speranze. Ci ha umiliato. È facile catalogare le mie parole come sfogo. La verità è che nessuno ha mai risposto per quella leggerezza. Nessuno ha chiesto scusa".