
di Federica Pacella
Sono sopravvissuti alla tempesta Vaia, ma ora potrebbero cadere sotto i colpi di un nemico ‘invisibile’, l’Ips tipogrhaphus. Le anomale ‘fiammate’ rossastre sulle chiome degli abeti rossi rimasti in piedi dopo la tempesta dell’ottobre 2018 non sono sfuggite agli occhi dei professionisti dell’Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali bresciani che lancia ora l’allarme.
Nessuna valle è esente dall’attacco del bostrico tipografo, così chiamato perché disegna sotto la corteccia delle gallerie geometriche: la valle del Caffaro ed in particolare Bagolino, la valle Trompia lungo la zona di Irma in particelle forestali pregiate e, in parte, anche la valle Camonica. Per combatterlo bisognerebbe rimuovere o scortecciare gli alberi colpiti e tutto il potenziale materiale riproduttivo (alberi deboli o caduti, tronchi con corteccia) prima che la nuova generazione di adulti sfarfalli.
Utilissimo l’utilizzo di trappole a feromoni nonché l’applicazione di tecniche colturali di rafforzamento vegetativo degli alberi. Il bostrico dell’abete rosso è spesso accompagnato da specie satelliti come Pityogenes chalcographus e altri insetti corticicoli o lignicoli come Trypodendron lineatum, tutti pericolosi per i boschi di conifere. In assenza di adeguati interventi di contenimento, i danni perdurano per almeno 5-6 anni. In realtà, dopo Vaia, l’Ordine aveva già sollevato la questione del rischio fitosanitario, sulla scorta di esperienze analoghe avvenute in Europa.
"In tutti i convegni organizzati dal nostro stesso Ordine, i relatori e gli addetti ai lavori temevano pullulazioni di bostrico tipografo, a carico dei tronchi di abete rosso a terra e, successivamente, sulle piante vive vicine. Alle esortazioni espresse agli enti preposti per la tutela delle foreste di regione Lombardia per ottenere fondi straordinari per il recupero del legname schiantato, si affiancavano i timori di danni, ancora superiori, ai boschi di conifere per il preannunciato arrivo del bostrico".
Il problema accomuna Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto, caratterizzate "da una generale lentezza di intervento a fronte di una conoscenza precisa, da parte dei professionisti del settore, delle modalità di intervento necessarie.
L’Ordine dei dottori agronomi e forestali di Brescia crede, quindi, sia il momento di modificare la governance del settore foreste in quanto una gestione attiva del territorio montano porta necessariamente a benefici economico-ambientali e sociali a tutta la collettività".