
I profughi lasciano Valleve
Valleve (Bergamo), 8 giugno 2018 - Un anno fa, in piena emergenza sbarchi sulle coste italiane, il minuscolo Comune di Valleve, in alta Valle Brembana, aveva conquistato le prime pagine dei quotidiani locali, ma anche articoli su quelli nazionali e sui vari tg, in quanto nella frazione di San Simone, nell’ex hotel che si affaccia sulle piste da sci, ormai in disarmo e adibito a centro d’accoglienza, gestito dalla cooperativa Ubuntu di Lecco, erano stati trasferiti fino a 120 migranti (principalmente dall’Africa e dal Bangladesh), un numero quasi superiore a quello degli abitanti: 133.
Novantotto residenti avevano allora preso carta e penna e avevano scritto una lettera al prefetto per protestare contro la situazione: «Non siamo razzisti, ma così si crea un ghetto», avevano affermato nella missiva, chiedendo inoltre se gli ospiti fossero stati controllati a livello sanitario, qual’era il possibile grado di integrazione in una località quasi deserta e dov’era la giusta proporzione tra residenti e extracomunitari ospitati. Ora, a distanza di un anno dai primi arrivi, la Prefettura di Bergamo sta ultimando lo svuotamento dell’ex hotel, operazione che dovrebbe essere completata entro la fine della settimana. Ad oggi i richiedenti asilo rimasti nella struttura di san Simone sono 29 e nei prossimi giorni verranno trasferiti in altri centri della provincia, secondo un criterio di ampia distribuzione, tenuto conto che quasi tutte le strutture di questo tipo, in questa fase di oggettivo calo degli arrivi, avranno la possibilità di accogliere uno o due extracomunitari provenienti da Valleve. Lo scorso 2 febbraio, invece, Valleve era tornata agli onori delle cronache per la manifestazione pacifica inscenata da una trentina di richiedenti asilo che avevano bloccato la strada per chiedere di essere trasferiti altrove.
I migranti avevano protestato contro l’isolamento e avevano puntato il dito contro la gestione della cooperativa Ubuntu e le promesse, non ancora mantenute, del trasferimento in appartamenti in bassa valle o in città. L’iniziativa aveva scatenato l’immediata reazione della Lega Nord provinciale. Il segretario lumbard Daniele Belotti, su Facebook, aveva scritto: «Cosa dicono i buonisti di fronte ai cartelli in cui gli stessi profughi si sentono usati dalle cooperative per fare affari? E’ l’ennesima prova che dietro all’accoglienza c’è solo speculazione, altro che solidarietà».