Coronavirus, inchiesta sull'ospedale: "La sanificazione di Alzano? Un falso"

Per la Procura i vertici dell’Asst Bergamo Est non dissero la verità sulle procedure al pronto soccorso

Francesco Locati, direttore generale dell’Asst Bergamo Est

Francesco Locati, direttore generale dell’Asst Bergamo Est

Alzano Lombardo (Bergamo), 24 ottobre 2020 - Mentre i contagi della seconda ondata galoppano (in Lombardia ieri c’erano 4.916 nuovi positivi su 36.936 tamponi, il 13,2%, a Bergamo 122, a Brescia 237), proseguono i lavori sul fronte dell’inchiesta sull’ospedale di Alzano Lombardo. La Procura contesta l’"epidemia colposa aggravata dalla morte di più persone" ai cinque indagati: l’ex direttore generale del Welfare lombardo, Luigi Cajazzo, l’allora suo vice, Marco Salmoiraghi, la dirigente Aida Andreassi, il direttore generale dell’Asst Bergamo Est, Francesco Locati, e l’ex direttore sanitario Roberto Cosentina, ora in pensione. E proprio per gli ultimi due, l’ipotesi è che abbiamo dichiarato il falso in atto pubblico in riferimento al fatto che erano state adottate tutte le misure previste dalle norme per la sanificazione del Pronto soccorso di Alzano Lombardo, chiuso e riaperto nel giro di tre ore domenica 23 febbraio.

Lo scrivono gli inquirenti nel decreto che ha portato le fiamme gialle, su delega della Procura di Bergamo, ad acquisire documenti e materiale informatico negli uffici della Regione Lombardia, a Seriate e anche a Roma. L’accusa di falso è indicata nel decreto della Procura di Bergamo, firmato dal procuratore Antonio Chiappani e dall’aggiunto Maria Cristina Rota, che è stato esibito alle persone indagate e non indagate durante la procedura per l’acquisizione di materiale informatico (soprattutto mail e messaggi WhatsApp), operazione che si è svolta giovedì tra Palazzo Lombardia, gli uffici di Seriate e quelli dell’Istituto superiore di sanità a Roma. Locati, in più, sempre da quanto emerge nel decreto, avrebbe attestato il falso scrivendo anche di "tamponi" effettuati a pazienti e operatori, partendo dai contatti stretti sintomatici, poi estesi a tutti i contatti stretti anche asintomatici a infine a tutto il personale presente già quella domenica della chiusura del Pronto soccorso di Alzano.

In particolare, Cosentina in una nota del 28 febbraio "indirizzata ad Ats Bergamo" aveva attestato che sin dal 23 febbraio "non appena avuto il sospetto e la successiva certezza della positività al tampone" di alcuni malati "sono state immediatamente adottate tutte le misure previste dal protocollo vigente specifico per pulizia e sanificazione Covid-19". Falsa, per i pm, anche l’attestazione sul fatto che dal 23 febbraio "il Ps di Alzano Lombardo prevede un percorso d’accesso separato per pazienti contagiati". "Con la presente si rammenta inoltre che la sanificazione degli ambienti dove ha soggiornato un paziente positivo a coronavirus è necessario fare riferimento alla circolare del ministero della Salute n.1997 del 22 gennaio 2020". Così la direzione generale del Welfare della Lombardia, allora guidata da Luigi Cajazzo, uno dei cinque indagati, scriveva intorno alle 23.45 del 22 febbraio in una mail indirizzata, tra gli altri, ai vari direttori generali delle aziende sanitarie lombarde, tra cui anche la Asst Bergamo est che comprende anche l’ospedale di Alzano Lombardo.

Intanto ieri mattina in Procura è stato sentito come persona informata dei fatti il virologo Massimo Galli, direttore delle Malattie infettive del Sacco di Milano. Galli, sentito dal procuratore aggiunto, è rimasto negli uffici di piazza Dante per oltre un’ora abbondante. Gli è stato chiesto un suo parere – tra gli argomenti anche la mancata zona rossa nella media Valle Seriana – su quanto accaduto all’ospedale di Alzano Lombardo. All’uscita, il virologo si è limitato a dire, riguardo l’attuale situazione: "Servono misure decise". Gli inquirenti puntano anche a raccogliere le testimonianze di altri virologi.