Migranti, Giorgio Gori: "Se i Comuni non collaborano il sistema salta"

Il sindaco di Bergamo interviene all’incontro di Anci: "Rimpatriare chi non ottiene il diritto di asilo"

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori

Bergamo, 25 maggio 2017 - "A Bergamo abbiamo circa 500 migranti nei centri Sprar, un numero superiore alle soglie previste, mentre altri Comuni della provincia si rifiutano di accoglierli: gli accordi funzionano se tutti i Comuni fanno la loro parte, se no rischiano di non reggere". È l’analisi del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che ieri ha partecipato a un incontro promosso dall’Anci Lombardia a Milano con prefetti e amministratori lombardi. Un’occasione per fare il punto sulle misure per far fronte all’emergenza, in uno scenario di sbarchi sulle coste italiane che non accennano a diminuire. Secondo i dati resi noti ieri a Roma dal capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, Gerarda Pantalone, nei primi mesi di quest’anno sono sbarcate circa 50mila persone, con un costante incremento dal 2013 e "una situazione che si aggrava con il tempo". Migranti provenienti nella maggior parte dei casi dall’Africa e diretti verso Paesi del Nord Europa, che devono essere distribuiti nei centri di accoglienza sparsi in Italia, Paese d’arrivo. Diversi Comuni della Città metropolitana di Milano hanno firmato un protocollo con il Viminale per l’accoglienza, mettendo a disposizione un numero di posti proporzionale alla popolazione.

Il sistema potrebbe essere applicato anche in provincia di Bergamo?

"Penso di sì, ma il problema è che sul nostro territorio c’è una proporzione più alta di Comuni che si rifiutano di accogliere rispetto ad altre zone della Lombardia. In tutta la provincia solo un’ottantina di Comuni su 242 stanno ospitando richiedenti asilo. A Bergamo ne abbiamo oltre 500, molto al di là della soglia, mentre altri centri sono ancora a zero. Gli accordi reggono solo se tutti i Comuni fanno la loro parte, in caso contrario rischia di saltare tutto".

Quali misure si potrebbero attuare per incentivare i Comuni?

"L’incentivo dei 500 euro una tantum non sposta nulla, soprattutto nell’ottica di ottenere l’accoglienza diffusa che auspichiamo. Comuni piccoli in grado di ospitare quattro o cinque persone si troverebbero a ottenere cifre irrisorie, inferiori a 10mila euro, che non servono per far cambiare idea a una Giunta che non vuole accogliere i migranti. Una soluzione c’era, era quella di subordinare lo sblocco del turnover del personale all’accoglienza, ma questa strada non è stata seguita. Bisogna trovare altre misure: o ci danno moltissimi soldi, cosa non immaginabile, oppure si lavora su altre strade, come ad esempio corsie preferenziali per accedere a finanziamenti statali o regionali. Ma il vero problema da affrontare è un altro".

Quale?

"L’emergenza sui territori è legata soprattutto alle persone che ricevono il diniego alla richiesta di asilo. A Bergamo sono la maggioranza, tra il 75 e l’80%. Queste persone dovrebbero essere rimpatriate ma finisce che nella maggior parte dei casi restano come irregolari. Diventa una produzione di clandestinità e irregolarità che io, come sindaco, non posso accettare".

I lavori socialmente utili per gli ospiti dei centri di accoglienza stanno funzionando?

"Sono certamente uno strumento utile, ma quando i migranti capiscono che dai lavori socialmente utili non dipende l’esito positivo o negativo della loro richiesta di asilo smettono di lavorare e rimangono nei centri di accoglienza a dormire o ad ascoltare la musica. Sono situazioni che poi si trascinano per anni, visti i tempi lunghi per la valutazione delle richieste e degli eventuali ricorsi. Sarebbe invece utile stabilire un collegamento tra lavori socialmente utili e richiesta da asilo, in questo modo tutti sarebbero incentivati a darsi da fare".