Manenti resta in Francia: la rabbia di Bergamo

Il no di Parigi all’estradizione di dieci latitanti fra cui l’ex terrorista condannato all’ergastolo per l’omicidio del carabiniere Giuseppe Gurrieri

Narciso Manenti è originario di Telgate, nella Bergamasca

Narciso Manenti è originario di Telgate, nella Bergamasca

Bergamo - Narciso Manenti resta in Francia. La Chambre de l’Instruction di Parigi ha negato l’estradizione in Italia per dieci ex terroristi, tra cui Manenti. "A Parigi c’è stata l’udienza per l’estradizione di dieci terroristi italiani latitanti in Francia da oltre 40 anni. Il deputato della Lega, Daniele Belotti ha srotolato uno striscione fuori dalla Corte d’Appello per chiedere giustizia — rende noto la Lega —. Insieme al parlamentare c’era anche il vicesindaco di Telgate, Cristian Bertoli: è il comune di origine di quel Narciso Manenti condannato all’ergastolo per l’omicidio del carabiniere Giuseppe Gurrieri, freddato davanti al figlio di 11 anni nel marzo 1979. Per questo, nella capitale francese c’erano anche Roberto Frambosi e Michele Taddei, presidente e vice dell’Associazione carabinieri di Bergamo, intitolata al militare assassinato". Alla lettura della sentenza, il gruppo di italiani presente davanti alla sede della Corte d’appello di Parigi ha urlato: "Assassini". "Proteggere chi uccide è una vergogna. La Francia dopo 40 anni continua a proteggere i terroristi rossi. Chiediamo al ministro Cartabia e al governo di assumere una forte presa di posizione con le istituzioni francesi", sostiene Belotti.

Erano gli Anni di piombo, e anche a Bergamo non era immune da quel clima di paura, veleni e sospetti. La sera dell’omicidio, l’appuntato Gurrieri non era in servizio. Il vero obiettivo era il medico delle carceri, Piersandro Gualteroni che aveva lo studio in via Donizetti, in Città Alta. Gli autori lo raggiunsero in moto. Ciso Manenti, 63 anni, di Telgate, all’epoca faceva parte del gruppo "Lotta armata per il contropotere territoriale". Gurrieri li vide nel cortile dello studio del medico, dove era sceso per fumare una sigaretta. Si accorse che quei due giovani non erano dei normali pazienti e li affrontò. Davanti al carabiniere persero la testa e uno esplose cinque colpi di pistola. Nel 1981 si svolse il processo a carico degli imputati: uno era presente ed è stato condannato (a dieci anni), Manenti, era scappato in Francia. Risulta residente a Châlette-sur-Loing, paesone di 13 mila abitanti pieno di verde e di canali nel dipartimento Centro-Valle della Loira, a cento chilometri da Parigi. Il 18 marzo 1986 partì una richiesta di estradizione. Il procuratore francese lo interrogò più volte, Manenti venne arrestato e rimase in carcere quattro mesi. La Francia negò l’estradizione. In tempi più recenti, con il scomparso procuratore Walter Mapelli e l’ufficio esecuzioni, il fascicolo Manenti venne rispolverato e partì la nuova richiesta di arresto europeo firmata dal pm Gianluigi Dettori il 17 maggio 2017. Dalla Francia sembrava che il vento fosse cambiato e ci fosse una maggiore apertura. Ora la risposta, un altro no.