Omicidio Yara, il dna e le piste ignorate. Bossetti: processo da rifare

Presentato il ricorso contro l’ergastolo

Massimo Bossetti (Olycom)

Massimo Bossetti (Olycom)

Bergamo, 13 novembre 2016 - Esistevano, esistono piste alternative («ce ne sono e valide») a Massimo Bossetti, ma non sono state considerate, nonostante le indicazioni della difesa. Il dna del muratore di Mapello su slip e leggings di Yara è scientificamente attaccabile. E perché non è stata disposta, come chiedeva la difesa, una nuova perizia? I difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini, con i consulenti Ezio Denti e Sergio Novani, hanno trascorso una notte di duro lavoro a limare, rifinire, emendare, integrare, tagliare il loro ricorso. Alle 12.40, venti minuti prima che chiuda la cancelleria penale, Salvagni sale al quinto piano del Palazzo di giustizia di Como per depositare le 258 pagine dell’atto di impugnazione della sentenza con cui, l’1 luglio, la Corte d’Assise di Bergamo ha condannato Bossetti all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio.

È stato scelto il tribunale di Como «per comodità» dal momento che entrambi i difensori hanno studio nella città lariana. Il processo d’appello sarà a Brescia. Il dna è anomalo e lo ribadisce il genetista forense Marzio Capra, consulente dei difensori: nella traccia rimasta impressa sugli indumenti di Yara è assente il dna mitocondriale di Bossetti. Una ordinanza del tribunale del Riesame di Brescia parla di «aporia» e «anomalia» e la Cassazione riconosce che il Riesame bresciano «si è fatto onestamente carico» dell’anomalia segnalata dalla difesa. «È la prima volta in Italia - saetta Salvagni - che in un caso del genere non viene disposta una perizia su un aspetto così importante. L’imputato non ha presenziato a nessuna perizia. Sono state recepite in toto solo le tesi dell’accusa. Se alla fine di tutto non dovesse essere rimediata questa stortura, ci sarebbero i presupposti per rivolgersi alla Corte di giustizia europea». Oltre a questo, sui vestiti di Yara sono state individuate anche altre tracce biologiche. Nessuno ha visto la ginnasta tredicenne fuori dal centro sportivo di Brembate di Sopra, la sera del 26 novembre del 2010: si può affermare con sicurezza, si chiede il ricorso, che sia uscita? Nessuno ha visto Bossetti. Nessuno, nonostante siano stati stati censiti ed esaminati migliaia di automezzi, può dire che quello avvistato nella zona della palestra, la sera del rapimento e della morte della piccola Gambirasio, sia il furgone l’Iveco Daily dell’artigiano condannato.

«Cosa non regge nella sentenza? Non regge tutto il processo», attacca Salvagni. «Abbiamo trovato una sentenza che ha fatto a stracci il codice penale, il diritto processuale e anche quello costituzionale. I consulenti dell’accusa hanno fatto a gara a smentire se stessi, per ritrattare quanto avevano scritto. Sono sfuggiti al confronto con la difesa. Quelle poche volte che questo c’è stato, Bossetti non è mai uscito da colpevole». «Abbiamo cercato di esaminare tutti i passaggi della sentenza che hanno fatto di mere suggestioni degli indizi, se non delle prove. E per questo motivo abbiamo dovuto valorizzare nell’appello ogni singola parte della sentenza». Al difensore vengono chieste notizie dell’assistito. «Bossetti è sereno, concentrato, motivato. Sono contento di averlo trovato così. Questo è un messaggio importante per quanti credono, vogliono credere nella giustizia».