
Nella notte tra il 22 e il 23 dicembre del 2018 aveva organizzato a Treviglio una vera e propria imboscata ai tifosi rivali al rientro di una trasferta a Torino in occasione della partita Juventus–Roma, aggredendo i supporter con delle mazze e rapinando lo striscione rappresentativo dello Juventus club di Treviglio. Le attività investigative della Digos hanno portato all’individuazione certa di un responsabile e alla condanna in sede giudiziale: ora si trova in carcere. Si tratta di Stefano Legramandi, 33 anni, di Treviglio. Deve rispondere di rapina aggravata, lesioni e porto abusivo di oggetti atti ad offendere ai danni di alcuni tifosi juventini.
Il provvedimento è una conseguenza dei tre anni di pena patteggiati con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Un agguato in piena regola, di notte, con un solo obiettivo: rapinare lo stendardo dello Juventus club Treviglio, come fosse un trofeo di guerra da conquistare ad ogni costo. Il pullman con a bordo i supporter bianconeri era arrivato da Torino intorno all’una di notte, dopo la partita vinta con la Roma. Una volta scesi, quasi tutti i tifosi bianconeri si erano diretti alle loro auto: in quattro si erano fermati sul piazzale un paio di minuti in più per concordare un passaggio in macchina. Il parcheggio dell’agguato si trova lungo la ex statale 11 , davanti al bar Mocado, sede del club Juventus.
Pochi attimi prima che i quattro raggiungessero le auto è scattato il blitz: all’improvviso sono sbucate delle persone che erano nascoste dietro le siepi vicini al parcheggio di un ristorante. Tutti a volto coperto, secondo la ricostruzione della Digos di Bergamo, e tutti con in mano bastoni che sarebbero stati utilizzati contro due tifosi juventini. Uno di loro è uscito illeso dall’aggressione,per l’altro, più giovane, sette giorni di prognosi. I fatti sono stati ricostruiti pezzo per pezzo dalla Digos durante le indagini, una ricostruzione puntuale che ha permesso di accertare l’identificazione di un presunto aggressore, vale a dire di Stefano Legramandi. Francesco Donadoni