Maltempo, morta con il nonno nel fango della frana a Laveno: "Era sepolta nella terra e il cuore batteva ancora. Speravamo di salvarla"

La tragedia a Cerro di Laveno Mombello. Altre quindici abitazioni, che si aggiungono ad altre nove, sono state dichiarate a rischio. Si tratta per la maggior parte di seconde abitazioni. A oggi sono sedici le persone fuori casa di Gabriele Moroni FOTO -I soccorsi a Cerro di Laveno Mombello / La frana sulla villetta

Giorgio Levati e la nipote Adriana Rochely de Pena Moja morti nella frana a Mombello

Giorgio Levati e la nipote Adriana Rochely de Pena Moja morti nella frana a Mombello

Varese, 17 novembre 2014 - Si lavora per svuotare l’invaso d’acqua che si è creato nel campo di calcio sulla sommità della collina di Cerro. Altre quindici abitazioni di Laveno, che si aggiungono ad altre nove, sono state dichiarate a rischio. Si tratta per la maggior parte di seconde abitazioni. A oggi sono sedici le persone fuori casa. Uomini al lavoro da ore. Parla per tutti Claudio Perozzo, responsabile dei volontari della Protezione civile di Laveno Mombello: «Sabato sera eravamo in via Rebolgiane per la caduta di un muro. I carabinieri sul posto ci hanno avvertito di una casa pericolante a Cerro. Quando siamo arrivati c’era una donna sul balcone. Urlava che il marito era vivo e dovevamo salvarlo. Quando siamo arrivati in via Reno una signora che era già dentro ci ha dirottato al piano terra, nella camera della ragazza».

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«Era sepolta nella terra dalla vita in giù. Però il cuore batteva. Abbiamo accelerato al massimo il recupero, speravamo di riuscire a salvarla. Siamo saliti nella camera dell’uomo. C’era solo terra. L’unica cosa che abbiamo visto era un piede che affiorava vicino all’armadio. Intanto, procedevamo a isolare il metano. Abbiamo scavato anche con le mani, fino a quando non sono arrivati i mezzi. Dopo tre ore abbiamo trovato il corpo». Le prima grida di Lia Volpi, che invocava aiuto per il marito, hanno raggiunto la casa del cugino Francesco Lischetti. «Quando ho guardato nella camera della ragazza - ricorda il genero Damiano De Ambrogi -, ho visto solo terra, l’armadio e il lampadario. Per un momento ho sperato che l’armadio l’avesse protetta». Giorgio Levati, l’ultimo pescatore del Verbano, se n’è andato così.

«Era mia coetaneo - rievoca la cugina Graziella Lischetti -, si andava a scuola insieme. La pesca era il suo lavoro e anche la sua vita. Metteva le reti la sera, tornava a recuperarle alle quattro alle cinque del mattino. Tante volte le donne del posto lo aspettavano per comprare il pesce fresco, i lucci che prendeva, alti così». Giorgio non andrà più a pesca. Adriana, figlia della compagna del figlio Riccardo, non sarà più la prima cliente all’edicola tabaccheria di Alessandro Ferri: «Entrava ogni mattina alle sette. Prendeva le caramellle e saliva sul pullman che la portava a scuola».