Dalla tesi al cantiere: è “Made in Pavia” il neo-ospedale di Ayamé

Barbara Braggion, laureanda in ingegneria edile-architettura ,è in partenza per la Costa d'Avorio dove contribuirà alla riqualificazione di un ospedale

Barbara Braggion in uno scatto tenerissimo

Barbara Braggion in uno scatto tenerissimo

Pavia, 14 ottobre 2017 - Distanti molti chilometri, Pavia e Ayamé sono profondamente legate da anni grazie all’Agenzia n° 1. E ora lo saranno ancora di più. Barbara Braggion, laureanda del corso magistrale a ciclo unico in ingegneria edile - architettura dell’università, è in partenza per la Costa d’Avorio dove si fermerà tre mesi per definire il ‘Progetto di riqualificazione dell’ospedale generale di Ayamé’, argomento della sua tesi di laurea.

Com’è nata l’idea della sua tesi di laurea?

"Quando ho scelto di concludere il mio percorso di studi con una tesi che avesse come oggetto il progetto di riqualificazione di un ospedale in un Paese in via di sviluppo, ho avuto la fortuna di collaborare alla progettazione del triage di ingresso dell’ospedale generale di Ayamé per l’accoglimento, le prime cure e lo smistamento dei pazienti nei vari reparti di cui l’ospedale non disponeva. Nel maggio 2016 poi ho preso parte come volontaria alla missione tecnica di sopralluogo durante la quale sono entrata a contatto con la realtà ivoriana".

Si è aggiudicata una borsa di studio-lavoro erogata dall’Università che ha istituito il ‘Fondo per la cooperazione e la conoscenza’, che cosa significa per lei?

"La sfida che la progettazione nei Paesi in via di sviluppo pone è quella di sfruttare le potenzialità delle tecnologie costruttive locali, arricchendole con le conoscenze e gli strumenti che l’edilizia sostenibile ci fornisce. Infatti piccoli e semplici accorgimenti possono incidere notevolmente sui livelli prestazionali e sul comfort degli edifici, riducendone per esempio i costi di manutenzione e migliorando la salubrità dei locali, cose che reputo fondamentali soprattutto in questi contesti".

Partirà mercoledì, che cosa si aspetta?

"Non nego di avere dubbi e paure, ma la curiosità e la voglia di mettermi in gioco per questo progetto hanno avuto la meglio".

Che idee ha per la riqualificazione dell’ospedale?

"La progettazione è anche imparare ad adeguarsi alle circostanze, capire le esigenze e trasformarle in risposte concrete. Potrò monitorare il funzionamento del triage inaugurato l’anno scorso e avere un riscontro concreto di quello che non sarà più ‘solo un progetto su carta’. Avrò modo inoltre di effettuare un’analisi tecnologica e funzionale dello stato di fatto dei padiglioni e degli spazi dell’ospedale che mi permetteranno di definire un quadro programmatico di interventi di riqualificazione da progettare, che potrebbero essere l’ampliamento dei padiglioni di Ginecologia e Pediatria per ridurre la mortalità materna, il miglioramento della salubrità di alcuni spazi, l’adeguamento di edifici ormai obsoleti e la rifunzionalizzazione di alcuni reparti".

Che idee ha per il suo futuro?

"Non so cosa mi riserverà questa missione, ma so quello che ho lasciato un anno fa: un pezzo di cuore".