Omicidio Vivacqua: la mafia, la concorrenza e il bimbo. Mille ipotesi per un delitto

Nessuna di queste però convince il pm della Procura di Monza che punta ancora sulla vendetta della moglie Germana Biondo e dell'amante, nonché sul movente economico di Stefania Totaro

L'omicidio Vivacqua a Desio

L'omicidio Vivacqua a Desio

Desio, 24 novembre 2014 - Ucciso dalla Stidda per contrasti in attivita' illecite con la mafia siciliana, dalla 'ndrangheta per avere preteso la restituzione di un prestito, dai concorrenti nella contesa sul giro della rottamazione dei metalli, dai fratelli della nuova compagna per evitare ritorsioni dopo la scoperta che il figlio che gli aveva dato non era suo.

Tutti presunti moventi alternativi per l'omicidio di Paolo Vivacqua, il 'rotamat' siciliano milionario (con un patrimonio familiare stimato in 21 milioni di euro, ma con cartelle esattoriali non pagate per 88 milioni e mezzo) ucciso il 14 novembre 2011 con 7 colpi di pistola nel suo ufficio di Desio.

Moventi tutti emersi (molti da fonti confidenziali) durante le indagini sull'assassinio e tutti scartati dalla Procura di Monza, che alla fine ritiene di avere accertato il movente della vendetta e degli interessi economici e ha portato sul banco degli imputati della Corte di Assise di Monza quelli che ritiene i mandanti dell'omicidio, la moglie della vittima Germania Biondo (che Paolo Vivacqua aveva lasciato per andare a vivere con una giovane romena, da cui ha avuto un bambino e che, oltre all'affronto, temeva di perdere insieme ai figli il patrimonio dell'imprenditore) e il suo presunto amante, l'investigatore privato Diego Barba, che invece voleva vendicarsi di Paolo Vivacqua per essere stato aggredito in Sicilia dal rotamat per convincerlo a stare alla larga dalla moglie. Secondo l'accusa i due si sarebbero rivolti come intermediario a Salvino La Rocca, collega e amico di Diego Barba, che avrebbe assoldato, con la promessa di 60 mila euro, i due presunti killer Antonino Giarrana e Antonino Radaelli.

Per dimostrare di avere vagliato ogni singolo movente la pm Donata Costa ha chiamato al processo una serie di testimoni. Primo tra tutti Domenico Zema, genero di Annunziato Moscato, capo del 'Locale' di Desio condannato a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa e a sua volta indagato per lo stesso reato in un'altra recente inchiesta di 'ndrangheta (per cui oggi era fissata l'udienza preliminare al Tribunale di Milano quindi la sua assenza era giustificata).

A Domenico Zema Paolo Vivacqua avrebbe prestato circa 250mila euro. "Non e' emerso tra Zema e Vivacqua alcun contrasto che potesse portare ad un omicidio" - ha dichiarato uno dei carabinieri che ha partecipato alle indagini. Sentito invece Massimiliano Cannarozzo, uno dei discendenti di seconda generazione dei "robivecchi" di Desio coinvolti in passato in inchieste di triangolazione di fatture ed evasione fiscale. "Mai avuto diverbi con Paolo Vivacqua. Eravamo in buoni rapporti, ci salutavamo, ma nessun rapporto di lavoro. So che aveva avuto un diverbio con due nostri collaboratori ma mi risulta che era stato risolto".

Di presunti contrasti con la Stidda e su un presunto coinvolgimento dei fratelli della compagna di Paolo Vivacqua ha invece parlato un colonnello della Guardia di Finanza. "In un'indagine nella provincia di Sondrio erano emerse indicazioni su una presunta associazione per delinquere facente capo a Paolo Vivacqua con false fatturazioni e giri di contanti con la Stidda siciliana. Un confidente invece ci indico' come responsabile dell'omicidio di Paolo Vivacqua uno dei fratelli della sua convivente, scappato poi su un'auto guidata dall'altro fratello, preoccupati perche' qualcuno aveva rivelato a Vivacqua che il figlio avuto dalla compagna in realta' non fosse suo".