Disastro ambientale nel Lambro. Ma quale fuga all’estero: il custode condannato barricato in casa col papà

Risponde al citofono: «Sì, sono io». Poi riattacca di Dario Crippa e Stefania Totaro

Giorgio Crespi entra nel portone del palazzo dove abita

Giorgio Crespi entra nel portone del palazzo dove abita

Monza, 24 ottobre 2014 - «Buongiorno, sto parlando con il signor Giorgio Crespi?». «Sì». La conversazione, comincia così, a un citofono. E finisce, più o meno, nella stessa maniera appena ci si presenta: «Sono un giornalista del Giorno... volevo parlare con Lei...». Click. Secco. Riproviamo dopo un paio di minuti: «Sono ancora io, volevo sapere se possiamo scambiare due parole, prima ha messo giù ma non ho capito se ha intenzione di scendere...». «No. Non scendo, non ne ho nessuna intenzione». Altro click. Definitivo e inequivocabile. Giorgio Crespi non è un fantasma. Era sparito dalle scene - è vero - e non si è mai presentato al processo che alla fine ha condannato di fatto lui solo per uno dei più grandi disastri ambientali della storia brianzola dai tempi dell’Ismesa di Seveso: lo sversamento di migliaia di tonnellate di gasolio e oli combustibili nel Lambro e, di qui, addirittura nel Po fino al naturale sfociare nel mare Adriatico. Però Giorgio Crespi è in Italia, a casa sua, al quartiere San Rocco di Monza. Ieri mattina ha letto al bar come ogni volta nel corso del lungo processo che lo ha riguardato i resoconti sui giornali - per la cronaca, Il Giorno - e poi è tornato a casa. Al bar latteria nella sua strada lo conoscono bene. Lo vedono ogni giorno ma anche per loro, bariste e aficionados, strappargli un commento sull’incredibile vicenda che lo riguarda è un’impresa. «Era arrabbiato, dice che lui non è mai stato irreperibile, solo non lo sono venuti a cercare...» sussurra un cliente.

La sentenza emessa mercoledì al termine di un processo lunghissimo dal Tribunale di Monza ha, in primo grado, raccontato una cosa: l’unico colpevole del disastro è quel Giorgio Crespi che alla Lombarda Petroli di Villasanta lavorava come custode ma che nella notte dell’attentato, andato in scena fra il 22 e il 23 febbraio 2010, non si accorse di nulla. Perché stava dormendo, come avrebbe detto lui stesso agli investigatori nell’immediatezza dei fatti? O per «disastro doloso in concorso», come ha deciso il collegio di giudici composto da Emanuela Corbetta, Pierangela Renda e presieduto da Maria Letizia Brambilla? Giorgio Crespi, pressoché sconosciuto anche ai suoi difensori d’ufficio, non sembra aver intenzione di reagire nemmeno questa volta. «È fatto così - racconta un vicino -, il suo atteggiamento è sempre lo stesso: dice che non gliene importa niente, che lui non ha fatto niente. Può sembra un po’ spaccone e guascone, ma in fondo è un bravo ragazzo... Credo che i giudici abbiano preso una cantonata: se Crespi era accusato solo di omesso controllo, come è possibile che non trovando nessun colpevole (i cugini Rinaldo e Giuseppe Tagliabue, titolari della Lombarda Petroli, e il direttore dell’impianto Vincenzo Castagnoli, imputati di concorso in disastro doloso, sono stati assolti con formula piena, ndr) abbiano deciso di rovesciare ogni responsabilità su di lui?».

Nel bar sotto casa hanno addirittura appeso alcuni quadri realizzati da Crespi, che nel tempo libero si diletta a dipingere. «Mi chiedo adesso come faranno a chiedergli di pagare quei milioni di euro (quasi sette, ndr) per i danni... non ha più nemmeno un lavoro da quando ha smesso di fare il custode per la Lombardia Petroli» aggiunge un avventore. Già. Perché in questa incredibile vicenda Giorgio Crespi è stato anche condannato a pagare i danni riconosciuti alle 16 parti civili: amministrazioni statali, regionali, provinciali e comunali e associazioni ambientaliste. Alle quali sono state riconosciute appunto provvisionali per quasi sette milioni di euro. «Quando legge che sarebbe svanito nel nulla - insistono i vicini - si arrabbia: dice che lui è sempre stato qui, a casa sua, e che bastava cercarlo per trovarlo...». Ma chi è Giorgio Crespi? Nel quartiere, nessuno sembra conoscerlo poi così bene.

I vicini parlano di un ragazzo (ha 41 anni) tranquillo, che vive in un bugigattolo di un locale più servizi nello stesso modesto palazzo dove abita anche il padre. Qualcuno precisa che ha anche un fratello maggiore. E che lui, Giorgio Crespi, non ha più un’occupazione ufficiale, ma che lo si può incontrare a spasso a San Rocco. A piedi. Perché la sua macchina staziona da tempo nel cortile del condominio, dopo che gli era stata sequestrata tempo fa. Nel suo palazzo però nessuno intende parlare di lui e tutti si trincerano dietro il silenzio più assordante.

dario.crippa@ilgiorno.net stefania.totaro@ilgiorno.net