Costa Concordia di nuovo a galla grazie al "salvagente" made in Brianza

Arriva da Concorezzo la tecnologia che ha permesso al relitto della nave da crociera di riprendere il largo e attraccare al porto di Genova di Marco Dozio

Operai al lavoro (Radaelli)

Operai al lavoro (Radaelli)

Concorezzo, 29 luglio 2014 - Se la Costa Concordia si è risollevata e raddrizzata, se è tornata a galleggiare, se è riuscita a raggiungere il porto di Genova, insomma se il miracolo ingegneristico è andato a buon fine, lo si deve al «salvagente» sfornato dalla Ksb di Concorezzo. Ovvero alle 328 valvole, applicate ai 30 cassoni laterali, che hanno consentito l’emersione dello scafo e funzionato da vero e proprio «timone di galleggiamento» nell’ultimo viaggio della nave. Si tratta di «valvole a farfalla pneumatiche in esecuzione speciale», commissionate da Fincantieri e realizzate appositamente per quest’operazione che non ha precedenti.

Guglielmo Cristao, responsabile business della Ksb Italia, domenica è rimasto incollato alla tv per seguire le fasi dell’ormeggio: «È andato tutto per il meglio. Da ex marinaio sono particolarmente soddisfatto per il risultato ottenuto. Abbiamo messo in piedi un team di 10 persone dedicato al progetto. E abbiamo costruito in azienda una camera per effettuare simulazioni e collaudi». Cristao ricorre a un paragone esemplificativo: «La nostra valvola serve a determinare il galleggiamento, è come la valvolina di una ciambella per bambini». «Una fornitura inedita, con specificità uniche», sottolinea Riccardo Vincenti, consigliere delegato Ksb. Nel dettaglio sono stati prodotti 120 pezzi per la pressurizzazione del serbatoio, 60 per la ventilazione, 2 per il sistema ad aria compressa, 120 sommergibili a 30 metri di profondità e 26 sommergibili a 40 metri di profondità e contenute nei «cassoni blister». Complessivamente gli esperti della Ksb hanno lavorato sul relitto all’Isola del Giglio per 50 giorni con interventi di manutenzione. E torneranno sul transatlantico a breve per un ultimo controllo sulle apparecchiature. Tutto è cominciato alla fine del 2012, quando si è deciso di puntare sull’innovativa tecnologia dei «cassoni» e Fincantieri ha chiesto aiuto alla Ksb, con cui esiste una collaborazione da 40 anni. «Ci siamo dovuti coordinare con cantieri disseminati in tutta Italia impegnati nella costruzione dei cassoni, da Palermo a Monfalcone, da Ancona a Sestri. Inoltre per effettuare i sopralluoghi a bordo e muoversi in sicurezza, il nostro personale tecnico ha dovuto superare dei corsi per rocciatori», aggiunge Cristao, ricordando il ruolo chiave svolto nel raddrizzamento del gigante del mare, avvenuto lo scorso settembre. In pratica gli interruttori a farfalla sono serviti per riempire d’acqua i cassoni montati sul lato sinistro, quello emerso, fungendo così da contrappeso in grado di riequilibrare lo scafo. 

Mentre l’altro giorno lo svuotamento simultaneo di quegli enormi contenitori ha creato la spinta necessaria per far galleggiare la nave, naufragata il 13 gennaio 2012 in una tragedia nella quale hanno perso la vita 33 persone. Costa Concordia ha un peso di 114mila tonnellate, è lunga 290 metri, larga 35 e alta 57. «Le valvole hanno sopportato il passaggio di 30mila tonnellate d’acqua che facevano da zavorra prima della partenza dal Giglio», fanno sapere dalla filiale concorezzese che occupa 201 dipendenti con un fatturato di 80 milioni di euro e un utile di 5 milioni. Il Gruppo Ksb, fondato in Germania nel 1871, è leader mondiale nel settore della produzione e commercializzazione di impianti per il trasporto di fluidi: conta 30 sedi produttive in 19 paesi, 14mila addetti e un fatturato globale di 1.900 milioni di euro. In Italia è sbarcato nel 1925, mentre lo stabilimento di via D’Azeglio è attivo dal 2004.

marco.dozio@ilgiorno.net