Milano, 27 aprile 2016 - Per il Ministero l’ospedale Niguarda dovrebbe risparmiare 51 milioni di euro rispetto al budget 2015. Per il Niguarda questo «margine d’inefficienza», che salta fuori applicando «pedissequamente» i criteri della legge di stabilità, è sproporzionato perché non è un’azienda ospedaliera semplice: non solo «cura innovando», (cioè firma scoperte, ricorda il responsabile del Cancer Center Salvatore Siena), ma offre anche servizi regionali come il centro antiveleni e servizi sul territorio (e con la riforma della sanità dovrà erogare anche quelli dell’ex Asl). «Ci sono margini di efficientamento - chiarisce il direttore generale Marco Trivelli -, noi però li calcoliamo in 10,7/10,8 milioni di euro su 568 milioni di costi nel 2015». Ma si rischia comunque il piano di rientro, e il governatore Roberto Maroni ieri, prima di tornare a Roma a trattare per i suoi ospedali forte di un bilancio della sanità lombarda in equilibrio da oltre un decennio, è passato al Niguarda a firmare con Trivelli, col direttore dell’Ats Metropolitana Marco Bosio e col dg Welfare Walter Bergamaschi un «piano di efficientamento» triennale.
Si punta a risparmiare 30 milioni tra il 2016 e il 2018: il 41% quest’anno; metà, cioè 15 milioni, tagliando i costi e metà aumentando i ricavi. Perché se Niguarda è nel mirino del Ministero, la sfida, per il dg, è dimostrare che può spendere meno «senza ridurre l’attività e la qualità». Tanto che, al capitolo personale, l’efficientamento comincia con l’assunzione di 20 infermieri e 7-8 dirigenti medici per dar fiato soprattutto alle chirurgie, in affanno per l’applicazione della tagliola europea sul riposo di 11 ore tra i turni: la Regione l’ha autorizzato (in deroga al blocco del turnover) a spendere 800 mila euro in più quest’anno, da recuperare con risparmi per 1,2 milioni nel 2016 e 2017. Ma l’«efficientamento» prevede un’ottantina di «azioni» in tutti i settori dell’ospedale, che calcola di risparmiare uno 0,2% rinegoziando prezzi e contratti (con le gare aggregate su cui punta la Regione) nel breve periodo; e nel medio uno 0,3% mettendo mano alla logistica, tra l’1 e il 2% riorganizzando i percorsi clinici dentro l’ospedale, e fino al 3% su quelli «in rete». Ad esempio, spiega il direttore sanitario Giuseppe Genduso, simira ad avere il piano di dimissione entro 72 ore dal ricovero, a ridurre la degenza media pre-operatoria e per le consulenze cliniche, a eliminare i ritardi (con l’aiuto dell’Ats) nel passaggio dei pazienti alla riabilitazione interna o a strutture esterne dopo la fase acuta. E a drenare la pressione dei casi che possono essere trattati benissimo in altri pronto soccorso da quello del Niguarda, specializzato nei grandi traumi, grandi ustionati e urgenze cardio e neurologiche. Maroni sposa in pieno la linea del dg: «Questo è un piano di efficientamento, non di rientro: in Lombardia non ne abbiamo bisogno perché non siamo in deficit. Il sistema sociosanitario lombardo è troppo avanti, per questo abbiamo chiesto al Governo di escluderci da questi criteri, riconoscendone la “specialità” come ha già fatto non impugnando la nostra riforma».
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