Ragazza uccisa a coltellate, il gip: "Garlaschi lucido dopo il massacro"

L'uomo tentò di sbarazzarsi di oggetti erotici. Plico insanguinato

 Alessandro Garlaschi è stato fermato dalla polizia con l’accusa di omicidio volontario

Alessandro Garlaschi è stato fermato dalla polizia con l’accusa di omicidio volontario

Milano, 13 febbraio 2018 - Due plichi postali con oggetti erotici di cui Alessandro Garlaschi avrebbe cercato di liberarsi, rispedendoli al mittente dopo aver ucciso la 19enne Jessica Valentina Faoro, forse per sviare le indagini da un movente sessuale. Il primo, con la scritta a mano «reso Amazon per corriere Sda da Garlaschi Alessandro» e la data del 7 febbraio, il giorno dell’omicidio, conteneva un collare in pelle bianca marchiato “Le tentazioni by dominium”. Il secondo plico, con la stessa scritta e la data del 9 febbraio, era sporco di sangue. Conteneva «un guinzaglio con catena a maglie e moschettone», sempre marchiato “Le tentazioni by dominium”.

«Gli oggetti erotici rinvenuti nei plichi erano nelle disponibilità di Garlaschi che aveva deciso di sbarazzarsene nell’immediatezza dei fatti - scrive il gip Anna Calabi nell’ordinanza con cui ha disposto la custodia cautelare in carcere per l’uomo accusato di omicidio volontario aggravato dall’aver agito con abuso di relazioni di coabitazione e ospitalità -. Una delle buste è imbrattata di sangue, entrambe recano date contestuali o successive a quella dell’omicidio». Questo e altri elementi (il tentativo di bruciare e nascondere il cadavere, l’occultamento degli abiti sporchi di sangue, la sommaria pulizia dell’arma del delitto e del pavimento) secondo il gip indica che Garlaschi «ha gestito con lucidità la fase successiva al delitto rimanendo presso l’abitazione alcune ore dove ha inizialmente pensato di cancellare le prove». Una vicina di casa ha anche raccontato agli investigatori di aver sentito, attorno alle 4.15 del 7 febbraio, un urlo proveniente dall’appartamento di Garlaschi e poi «rumori come di spostamento o di trascinamento di mobili».

In quella notte da incubo, però, alla fine il tranviere ha ceduto. È uscito di casa e alle 9 è arrivato a casa della suocera a Novegro, dove la moglie aveva trascorso la notte, «appariva pallido e turbato e calzava un paio di guanti neri». Piangendo, ha raccontato alle due donne di aver ucciso Jessica durante una lite, di essersi difeso perché la ragazza «impugnava un coltello». È tornato in via Brioschi con moglie e suocera, mostrando loro il corpo, massacrato con 40 coltellate all’addome, al tronco, al volto e alle braccia. L’uomo, alle 10.43 e alle 10.49, ha chiamato il 118. «C’è stata una lite - ha detto all’operatore Areu - tra me e la ragazza. Io sono riuscito a prendergli il coltello, l’ho girato e l’ho colpita allo stomaco (...) ho cercato anche di pulire di metterla dentro alle borse per non vederla». Sosteneva di aver cercato di bruciare il corpo perché «infastidito dalla visione delle viscere fuoriuscite». Versioni contraddittorie, senza mai accennare all’avance sessuale emersa anche dal bigliettino trovato su comodino della camera, indirizzato a Jessica:«Stasera spero che mi starai facendo qualcosina oltre al dvd, ma devi fare tutto tu e dirmi quando iniziare».

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro