Entics, da Baggio ai Navigli: "Milano, città che attrae ma poi ti ingoia"

Uno degli artisti più accreditati che da sempre gravitano attorno alla scena hip-hop eppure, nelle sue vene, scorre il rimo caraibico del “barrio” mentre la sua pelle è una mappa costellata da tatuaggi

ORGOGLIO Entics, artista  milanese cresciuto  nel quartiere  di Baggio Oggi torna sulle scene  con un nuovo singolo  e ci racconta  la sua città   (Foto Alessandro Treves)

ORGOGLIO Entics, artista milanese cresciuto nel quartiere di Baggio Oggi torna sulle scene con un nuovo singolo e ci racconta la sua città (Foto Alessandro Treves)

Milano, 17 luglio 2016 - Dalle storiche collaborazioni con i maggiori rapper italiani (a cominciare da Fabri Fibra), passando per i graffiti nel quartiere di Baggio, alle serate underground lungo i Navigli. Entics è uno degli artisti più accreditati che da sempre gravitano attorno alla scena hip-hop eppure, nelle sue vene, scorre il rimo caraibico del “barrio” mentre la sua pelle è una mappa costellata da tatuaggi, ognuno dei quali ha una storia da raccontare.

Una sua grande passione sono i tattoo. A Milano ha uno studio molto quotato...

«Sono un vero collezionista di tatuaggi, adoro accumularli duramente i miei viaggi. Nel mio studio in via Gian Giacomo Mora, in zona Colonne di San Lorenzo, ho messo insieme una squadra creativa animata dall’etica artistica più che del business. Lavoriamo con ospiti internazionali e i nostri clienti arrivano da tutta Europa. Tuttavia ho molto rispetto per quest’arte e non ho la presunzione di identificarmi come un tatuatore».

La sua attività si concentra in zona Ticinese, ma lei è cresciuto a Baggio. Ci vive ancora?

«Ora non più, ma è in quel quartiere che sono riuscito a fare del mondo dell’arte e della musica la mia vita. Tra gli anni ‘90 e Duemila ero affiliato a una delle più famose “crew” milanesi di graffiti. Sono cresciuto in quell’ambiente “urban” ideale che poi è sfociato nella musica. All’epoca vivevo la cultura hip-hop a 360 gradi: una realtà molto più genuina rispetto ad oggi. La stessa musica rap, un po’ in stile gangsta, è riuscita a farmi uscire dal quartiere per realizzare qualcosa di più costruttivo».

E gli anni del “Muretto in San Babila”? Li ha vissuti?

«Il punto di ritrovo al “Muretto” esisteva già a metà degli anni ‘90 e questa zona ha attraversato diversi momenti storici: dagli albori del rap, quando veniva frequentato dai suoi pionieri, fino alle nuove generazioni. Un altro centro nevralgico di writer, rapper ed mc, era la l’Indian Cafè in zona Moscova: per tutti la discoteca della “domenica pomeriggio”, negli anni dell’adolescenza. Quando cominciai ad uscire la sera, invece, ci si trovava nei locali su Navigli, precisamente in via Vigevano».

Esistono ancora punti di ritrovo simili in città?

«Oggi esistono un miliardo di situazioni differenti. È difficile identificare un movimento con una zona specifica. Qualche anno fa, quando il rap non era ancora un fenomeno mainstream, il ritrovo per eccellenza della scena milanese era il Berlin Cafè, insieme al negozio di abbigliamento Borderline in via Gian Giacomo Mora. Quella zona era un vero spazio di teste creative».

Il suo angolo preferito?

«Sono ancora alla ricerca di quell’angolo. La zona che prediligo resta comunque quella dei Navigli. La mattina, quando non è troppo affollata, mi ricorda tanto i paesi nordici».

E la cosa che proprio non sopporta?

«La città attrae e affascina, ma ogni tanto bisogna saper staccare la spina, altrimenti è capace perfino di ingoiarti. A volte sento proprio la necessità di allontanarmi da alcune zone. Io e Milano abbiamo un rapporto di amore e odio. E poi nel mio prossimo album ci sarà una canzone interamente dedicata a lei dal titolo “In Mi City”».

Dopo due anni di assenza è tornato con il singolo «Revolución». Come è nato?

«Dal mio amore per le sonorità caraibiche, la dancehall e i battiti in levare. Suoni che fanno ballare e trasmettono positività. La vera Revolución è quel flusso coinvolgente che permette di lasciarsi andare senza condizionamenti».

Ha preso definitivamente le distanze dalla musica rap?

«La scena rap mi ha accolto e mi ha dato grandi soddisfazioni ma finalmente riesco ad esprimermi attraverso i ritmi che mi porto dentro da sempre».

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