Incendiò per ripicca un cassonetto all'ospedale Maggiore e tre macchine: rinchiuso in comunità

L'uomo era adirato perché i servizi sociali che lo stavano seguendo gli centellinavano gli aiuti economici per evitargli di buttare denaro nel gioco e nell’alcol. Arrivate anche diverse minacce di morte

L'uomo nei corridoi dell'ospedale Maggiore

L'uomo nei corridoi dell'ospedale Maggiore

Lodi, 2 aprile 2015 - Appicca un rogo in ospedale e scatena il panico in città, il giudice gli dà l’obbligo di dimora in una comunità protetta. L’escalation di reati addebitati al 55enne P.A. di Lodi, già noto alle forze dell’ordine per precedenti episodi, risale al periodo compreso tra il 23 febbraio e l’8 marzo. La procura di Lodi ha quindi adottato la misura di sicurezza, con il trasferimento dell’uomo in una struttura protetta di Cernusco sul Naviglio (Milano), per evitare rischi. I reati addebitati all’indagato, infatti, non essendo stati scoperti in flagranza, non ne prevedevano l’arresto. L’autorità giudiziaria ha però voluto evitare che i pericolosi episodi di violenza si ripetessero col rischio si ferisse qualcuno, oltre all’eventualità di continuare ad aumentare i danni accertati finora. Il reato più grave e pericoloso attribuito all’uomo, che è stato incastrato perché filmato da una videocamera, risale al 3 marzo, quando avrebbe incendiato il cassonetto porta biancheria, al sesto piano dell’ospedale Maggiore. Per fortuna il rogo è stato subito notato da un infermiere che, aiutato da altri colleghi, l’ha spento con un estintore senza che divampasse ulteriormente. Questo ha scongiurato il peggio. Il 23 febbraio, invece, il Comune ha denunciato che il lodigiano, assistito dai servizi sociali, ma adirato perché gli aiuti economici gli venivano centellinati per evitargli di buttare denaro nel gioco e nell’alcol, ha minacciato di morte il personale.

Gli inquirenti hanno anche saputo di altre minacce arrivate in modi diversi, tra cui telefonate roventi e irruzioni negli uffici pubblici. Al 55enne viene poi addebitato l’incendio dello scorso 8 marzo avvenuto in zona Piarda Ferrari. Erano andate in fumo, per un atto doloso, una Fiat Doblò, Fiat Punto e una Ford che, secondo la polizia, il lodigiano avrebbe incendiato a caso, senza sapere di chi fossero. La misura dell’obbligo di dimora a carico dell’indagato è stata preceduta da un primo ricovero per accertamenti nel reparto di psichiatria di Codogno. A quel punto c’è stato il trasferimento nel Milanese e in una struttura per le lunghe permanenze. Il 55enne era già stato portato in questura nel 2014 perché aveva preso a picconate le vetrine dei servizi sociali in pieno centro cittadino. Sono invece stati vani i ripetuti tentativi di far dimorare l’uomo nelle comunità del circondario, come quella di Graffignana. Passati due o tre giorni, P.A. trovava sempre il modo di allontanarsi. paola.arensi@ilgiorno.net