Matteo La Nasa, morto 16 mesi dopo l'incidente. La madre: "Voglio giustizia, neppure l’ictus riuscirà a fermarmi"

"Non può finire così. La Procura di Lecco faccia ricorso contro la sentenza che ha ucciso per la seconda volta mio figlio. Non può passare la logica che chi corre in auto, fa le gare e ammazza un ragazzo innocente se la cavi con il solo ritiro della patente"

Matteo La Nasa (Radaelli)

Matteo La Nasa (Radaelli)

Burago di Molgora (Monza), 28 settembre 2014 - «Non può finire così. La Procura di Lecco faccia ricorso contro la sentenza che ha ucciso per la seconda volta mio figlio. Non può passare la logica che chi corre in auto, fa le gare e ammazza un ragazzo innocente se la cavi con il solo ritiro della patente». Croce Castiglia parla a fatica. Le sue parole però sono dure come pietre. Diventano leggere solo quando ricorda suo figlio Matteo la Nasa: «Voleva diventare un calciatore. Stravedeva per il Milan». Adesso Matteo avrebbe avuto 22 anni. A luglio del 2010 un’auto gli è finita addosso mentre era seduto al bar Caminetto di Versasio, sopra Lecco, con la fidanzata Dori. Un anno e mezzo in coma, 9 operazioni al cervello, la morte, l’attesa che la giustizia si pronunciasse, «ma il 22 settembre il giudice ha condannato il killer di mio figlio a 2 anni di reclusione, concedendo la sospensione condizionale della pena. Il pubblico ministero aveva chiesto 3 anni e 2 mesi». La donna, presidente dell’Associazione Matteo la Nasa, dalle pagine del Giorno all’indomani della sentenza aveva lanciato un messaggio per sottolineare quanto fosse necessario inserire nel codice penale il reato di omicidio stradale. Mercoledì, il giorno dopo lo sfogo, «mamma Croce» è stata chiamata dal viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Riccardo Nencini, disponibile a incontrarla: «Oggi chiamo il viceministro per fissare l’appuntamento. Porterò con me alcuni genitori che vivono il mio stesso dolore».

A novembre i familiari delle vittime della strada sono attesi da Papa Francesco in udienza generale: «Partiranno pullman da tutta Italia, dalla Lombardia alla Sicilia. Siamo già 580. È un papa meraviglioso, da lui ci aspettiamo una parola di conforto. Molti genitori perdono anche la fede. Invece non si deve mai smettere di pregare». Nel cortile di casa ha fatto mettere una statua della Madonna. Mamma Croce parla a ruota libera nella villa di Burago, che a lei pare vuota da quando non c’è più il suo Matteo. Il dolore l’ha divorata: «A gennaio mi è venuto un ictus. Fino a maggio sono stata in carrozzina. Zoppico ancora ma sono dovuta tornare a lavorare a scuola perché la vita va avanti». Poi aggiunge: «Non auguro al mio peggior nemico quello che sto passando. Tante madri e tanti padri che hanno subito la mia stessa tragedia hanno avuto un ictus o sono malati di cuore. Il 70% di noi va avanti a psicofarmaci». Ma c’è anche qualche bella notizia a rallegrarle la vita: la figlia maggiore Claudia si è laureata a pieni voti in Beni culturali. «Avrebbe studiato assieme a Matteo, ha voluto dedicargli la tesi di laurea».

antonio.caccamo@ilgiorno.net