Nozze negate in punto di morte: respinto il ricorso del Comune

La Corte d’appello di Milano conferma i 214mila euro di risarcimento alla vedova

Sandro Frara con la sua  amatissima chitarra

Sandro Frara con la sua amatissima chitarra

Lecco, 31 maggio 2017 - La Corte d'Appello di Milano ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dal Comune di Lecco. La seconda sezione ha di fatto confermato la sentenza emessa in primo grado nella quale il Tribunale di Lecco aveva condannato Palazzo Bovara a risarcire con 214mila euro i familiari di Sandro Frara il quale tre anni fa in punto di morte aveva deciso di sposare Ginevra, la compagna di una vita. Un sigillo d'amore dopo ventiquattro anni passati insieme, un’unione dalla quale sono nati due figli, Simone e Davide. Invece alla fine Sandro se n’era andato sapendo che non avrebbe potuto garantire un futuro a Ginevra e ai suoi figli perché quel matrimonio non è mai stato celebrato. Frara è morto senza poter coronare il suo sogno, un matrimonio mai celebrato a causa un mix di incomprensioni, poca sensibilità e la tipica rigidità delle procedure burocratiche.

Un comportamento omissivo condannato in primo grado dai giudici del tribunale di Lecco con una sentenza, che i giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Milano peraltro avevano già reso esecutiva. Ieri il sigillo con il respingimento del ricorso del Comune, condannato anche al pagamento delle spese processuali. «Nella sentenza - spiega l’avvocato Raffaella Gianola, legale dei familiari di Frara - si continua a riconoscere assolutamente illegittimo il fatto che lungaggini burocratiche abbiano impedito la celebrazione di un matrimonio connotato solo da requisiti di urgenza». In soldoni: si doveva fare in fretta come prevede appunto la fattispecie del matrimonio “in punto di morte” e invece ancora una volta ha prevalso la macchinosità.

 La vicenda fa venire i brividi perché parla di affetti e morte risale al marzo 2014 quando Sandro Frara, 54 anni, viene ricoverato d’urgenza all’ospedale di Lecco per una grave disfunzione cardiaca. Disteso sul letto e in attesa di un intervento chirurgico delicatissimo, è in pericolo di vita: se ne rendono conto sia lui che i familiari. E allora con Ginevra decidono di avvalersi del matrimonio in pericolo di vita, un rito speciale previsto dal codice che dà la possibilità di saltare le formalità e normali procedure burocratiche. Il racconto delle ore successive è al contrario un susseguirsi di aggrovigliamenti e complicazioni con protagonisti da una parte Ginevra e dall’altra l’ufficio Anagrafe del Comune di Lecco, a cui la donna si rivolge.

Vengono chiesti i documenti, fotocopie, e poi ancora altri documenti, e infine - come se non bastasse - un certificato con cui si attesti che Sandro è in pericolo di vita «quando in realtà è la legge che impone al funzionario e al segretario comunale - fa notare l’avvocato Gianola - di verificare capacità di volere e pericolo di vita, come di fatto ha spiegato il giudice nella sua sentenza». Così Sandro muore senza aver esaudito il suo ultimo desiderio. Il Comune si Lecco sta comunque valutando un eventuale ricorso in Cassazione.