ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Amore, violenza e altri fenomeni pop: Baustelle, il ritorno

Sabato all’Apollonio di Varese uno show sold out; il 20 marzo e il 4 aprile i concerti a Milano

Baustelle

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Varese, 4 marzo 2017 - Oscenamente pop. A detta dei Baustelle “L’amore e la violenza” è un disco “che, come la pornografia, non ha vergogna di mostrarsi”. Un album di evidenze, di ostentazioni, di disinibizioni “popular” raccolte nello show con cui il gruppo toscano approda questa sera alle 21,30 all’Apollonio di Varese lungo quella strada che il 20 marzo e il 4 aprile lo deposita pure agli Arcimboldi di Milano. I dodici “sold out” collezionati finora la dicono lunga sull’attesa alimentata da questa rentrée sui palcoscenici di Francesco Bianconi e compagni, concettualmente lontani dalle fascinazioni orchestral-esistenziali del predecessore “Fantasma” per mettere a nudo un’animo pop cresciuto ascoltando gli Abba e gli Oliver Onions.

Un disco vietato ai minori di 35 anni per i riferimenti a Sandokan, ad Amanda Lear, a Battiato, ai Kraftwerk e a tutto un mondo fatto di telefoni a gettone, musicassette e foto Polaroid svanito come i magici dischi del View-Master. “Lo spettacolo poggia nella prima parte sui brani de L’amore e la violenza e nella seconda su quelli del passato rivisitati come se fossero di quest’ultimo album- spiega Bianconi - Abbiamo voluto scrivere brani d’amore in tempo di guerra, ma siccome il titolo Amore e guerra l’aveva usato già Woody Allen per un suo film, siamo ricorsi ad una variante. In fondo le nostre canzoni d’amore non sono altro che una versione aggiornata di quelle che Prévert componeva al fronte”.

“O Barbara / Che caz..ta è la guerra / E cosa sei diventata adesso / Sotto questa pioggia di ferro / Di fuoco, di acciaio, di sangue” scriveva il poeta di Neuilly-sur-Seine “In guerra ci siamo: tutto il mondo islamico, rimasto nel Medioevo, contro il nostro fragile post-illuminismo - ribattono i Baustelle - Per secoli noi colonialisti abbiamo approfittato della loro arretratezza, nessuna sorpresa quindi che la ruota sia girata”. In fondo, a ben guardare, quel che cantava già a suo tempo l’amatissimo Battiato in un pezzo evocativo come “Zai saman” (“vuoto di senso crolla l’Occidente / soffocherà per ingordigia / e assurda sete di potere / e dall’Oriente orde di fanatici”). Temi pesanti come macigni che il trio toscano affronta con la leggerezza del pop. “La cosa più insopportabile della musica odierna è la prevedibilità, il fatto che non sorprenda mai, priva com’è di ‘ganci’ melodici o armonici a cui attaccarsi - ammette Bianconi - C’è molto appiattimento, non so quanto legato ad una scelta precisa dei compositori o alle richieste dei media e della discografia”.

Per Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini non resta che attendere l’Era dell’Acquario, quella dell’armonia, che secondo i calcoli di alcuni astrologi sarebbe già arrivata. Per altri bisognerà invece aspettare ancora cinquecento anni o giù di lì, ma è solo questione di pazienza. E per farlo i tre nella stessa “L’era dell’Acquario” strizzano l’occhio addirittura ad Houellebecq ricordando che ci si abitua a tutto, pure “alle bombe, alle esplosioni, alla storia, al calendario”. “Una bella sconfitta per chi pensa di poter vincere usando il terrore”.